venerdì 15 gennaio 2016

Collettivismo e nevrosi del nostro tempo

Collettivismo e nevrosi del nostro tempo

Il Novecento, la tecnica ed il collettivo

Il Novecento è un secolo la cui lunga ombra si distende fino ai nostri giorni, non ancora epurati dai sui progressi, dai suoi guasti, dalle sue distruzioni.

E' interessante notare come ciascuna fase storica abbia le sue nevrosi caratteristiche. Il Novecento, che è il secolo del progresso, delle grandi macchine, delle masse collettive, del trionfo dell'Homo Faber sull'Homo Sapiens1, si apre con una guerra che rivoluziona totalmente il modo di combattere fino allora adottato dall'umanità: la Grande Guerra è il trionfo della tecnica sull'individuo.

Ora, l'artiglieria e la sua eccezionale potenza di fuoco rendevano il nemico invisibile e la morte collettiva, anonima, inesorabile (corsivo mio)”2. La morte anonima stroncava gli entusiasmi con i quali un'intera generazione, giovane, borghese, intellettuale e , per quanto riguarda l'Italia, intrisa di chimere e di fiamme risorgimentali ed irredentiste, aveva intrapreso con entusiasmo soggettivo l'impresa bellica: “In questo inferno, una generazione partita con entusiasmo sentì subito svanire l'idea della guerra come una gloriosa azione in cui far rifulgere eroismo, coraggio, iniziativa individuale.3

In questo terrificante anonimato collettivo la vana ricerca del “volto dell'altro”4 assumeva toni tragici e surreali quando, secondo il racconto di un anziano del posto che ebbi modo di incontrare durante una visita alle trincee nel Veneto, gli abitanti di Misurina, italiani, combattevano contro gli abitanti di Cortina, distante pochi chilometri, austriaci. Si combatteva spesso contro amici, parenti, colleghi; i contendenti, per lo più contadini ed allevatori, non parlavano né il tedesco né l'italiano. Parlavano Veneto. Negli intervalli tra un assalto e l'altro uscivano dalle trincee, distanti non più di 20-30 metri l'una dall'altra, e si scambiavano sigarette e grappa; per poi tornare in trincea e continuare un'assurda pantomima nella quale perdere la vita, se non durante un'assalto, era un caso legato ad un attimo di distrazione, di abbassamento delle difese dovuto alla noia. Ed in un attimo si poteva essere colpiti dal fucile nemico, stavolta anonimo, magari imbracciato dalla stessa persona con la quale ci si era scambiati la grappa il giorno prima, quando era possibile riconoscerne il volto.5

Nevrosi da guerra

E l'individuo, stroncato dalla terribile anonimità del proiettile proveniente dalla trincea opposta, spesso distante poche decine di metri, stroncato dalla insensatezza delle lunghe attese, dall'insensatezza degli assalti comandati per conquistare il nulla, quel piccolo pezzo di terra di nessuno tra le trincee, reso surreale dalla assenza di vegetazione6 e dalla presenza di cadaveri, crollava preda di nevrosi di guerra fino ad allora sconosciute.

Oggi conosciamo bene le nevrosi di guerra, dallo studio delle quali è partita la concettualizzazione del Disturbo da Stress Postraumatico PTSD, riscontrabile in quei casi in cui l'individuo va incontro a forti traumi, non necessariamente di origine bellica.

Durante la Grande Guerra ebbe inizio lo scontro dell'Individuo contro la Tecnica, che vide quest'ultima trionfante sino ai nostri giorni, nei quali la la Tecnica, longa manus della Finanza e del Potere, apparentemente in aiuto degli individui, rende oggetto e stupra la loro casa comune, una Natura sempre più debole, minacciando l'esistenza stessa della Biosfera.

Durante la Grande Guerra, “Erano... frequenti le esplosioni di follia, i deliri, l'autolesionismo, e poi i blocchi psicomotori, spasmi allucinazioni, paralisi, cecità, sordità e mutismo, e ancora depressione, regressioni animalesche, malinconia”7

Questi “malati non malati”, senza ferite evidenti, piuttosto che essere ospedalizzati e curati, scambiati per semplici codardi venivano gerarchicamente restituiti al fronte, per paura della renitenza.

Fu durante la seconda guerra mondiale, che proseguì e celebrò fino all'olocausto atomico il trionfo della tecnica sull'individuo, che le nevrosi di guerra furono finalmente riconosciute e curate.

Wilfred Bion, psicoanalista e teorico della psicoanalisi, le cui teorie furono fondamentali per il pensiero psicoanalitico dal dopoguerra fino ad'oggi, iniziò a lavorare come Psichiatra con le persone afflitte da nevrosi di guerra: a partire da questa esperienza sviluppò le sue monumentali teorie sulla dinamica dei gruppi.8

Il Postmoderno e le sue patologie

Ed oggi? Il Collettivo spersonalizzante permane, spogliato però dai grandi sistemi ideologici che di quel collettivo furono il veicolo: Democrazia Parlamentare Rappresentativa, Totalitarismo Comunista, Totalitarismo Fascista. E' il Postmoderno descritto da Lyotard9, nel quale si assiste al crollo dei grandi sistemi di riferimento.

Per parafrasare il grande maestro Woody Allen: “Il Totalitarismo Fascista è morto, il Totalitarismo Comunista è morto, ed anche la Democrazia Parlamentare Rappresentativa, ultima sopravissuta del Novecento, non si sente bene”.

Nel vuoto dei riferimenti ideologici e religiosi, in un epoca in cui la Modernità Illuminista ha destituito il Sacro riducendolo ad un racconto per bambini oppure a superstizioni con cui nutrire ingenui ed anime semplici, il Collettivo del '900 è rimasto intatto e terrificante.

Il Collettivo è deducibile anche dalla semantica in uso corrente, secondo la quale i principali soggetti degli eventi occorrenti non sono persone, individui identificabili ma soggetti collettivi come: Mercati, Finanza, Economia, Sindacati, Partiti, Istituzioni, Imprenditori, Lavoratori, Elettori, Borghesi, Migranti, Proletari, Capitalisti, Democrazia, Parlamento, Commissioni, Tavoli, Stati Generali, Stake-holders, Consiglio dei Ministri, Agenzia delle Entrate, Borse, Banche, Massoneria, Stato, Mafia.

Sappiamo quanto sia difficile e quanto possa rivelarsi inutile aspettarsi di interloquire con Individui Responsabili quando ci rapportiamo alla Pubblica Amministrazione, più sgherri del Collettivo, guardiani del Castello10 ,che funzionari in servizio per i cittadini.

Viene da chiedersi quanto possano essere fallaci e paranoiche le ipotesi riguardanti l'esistenza di un Gran Burattinaio che manovra nascosto dietro le quinte o quanto piuttosto, ipotesi vieppiù terrificante, che gli eventi siano condizionati da un sistema basato sul Collettivismo e l'Anomimato... che l'individuo non si scontri con altri individui, pur potentissimi ed occulti, ma si scontri con un intero sistema basato sul collettivismo e l'anonimato, un po' come la Mano Invisibile pensata dall'economista inglese Adam Smith11, null'altro che una funzione di autoregolazione di un sistema autoreferenziale e negativamente entropico.

L'era del Narciso dipendente

Nella nostra epoca, in reazione alla caduta postmoderna delle ideologie ed al collettivismo dominante, gli individui riconvertono l'investimento libidico, originariamente destinato al mondo esterno, sul proprio Sè, originando nevrosi di tipo narcisistico12 e dipendenze patologiche.

L'iperinvestimento del sé, il vivere in mondi fantastici, pretendere di abitare i castelli in aria che abbiamo costruito, spesso è una reazione al sentire che la nostra possibilità di incidere sul mondo è scarsa.

Questo fenomeno ricade purtroppo sulle giovani generazioni, ipereducati, iperqualificati, con aspettative altissime, ma spesso increduli ed impotenti rispetto alle vere e durissime regole del gioco.

Qualcuno si salva grazie alla rete di relazioni familiari, altri vedono spezzarsi i sogni sulla barriera del collettivismo, della antimeritocrazia, una barriera sulla quale il collettivismo infrange la responsabilità soggettiva, individuale.

Iperinvestire il a scapito della realtà esterna. Negare la propria fragilità sul piano affettivo e la difficoltà di creare legami intersoggettivi importanti e duraturi, quindi rivolgersi in maniera massiccia, egosintonica e culturalmente accettata, verso l'uso di sostanze ed altre forme di dipendenza, alimentare, gioco d'azzardo, shopping compulsivo.

Tutto, purchè si possa eccitare il nostro sistema di ricerca mediato dalla Dopamina, però come in un gioco, senza incidere minimamente sul Collettivo con il quale non ci possiamo scontrare, che non possiamo sovvertire.


Rebel Rebel, omaggio al Duca Bianco

Quali antidoti? Dalla disobbedienza civile di Thoreau13, dai vagabondaggi di Keruack,14 alle rivoluzioni di Steve Jobs15 e Mark Zuckenberg, che ribaltano il rapporto di dominanza della Tecnologia sull'uomo e la riportano al servizio del soggetto e della intersoggettività, passando per Gregory Bateson16 ed il suo concetto di Struttura che cancella la separazione introdotta dalla Modernità tra uomo e natura, tra soggetto ed oggetto, per arrivare al monumentale magistero che Jorge Bergoglio ha espresso nella sua Enciclica Laudato sì17 , passando per Mitnick18 e tutto il movimento Hacker White-Hat volto a scardinare il monopolio anonimo della conoscenza per metterla a disposizione di tutti coloro che, attraverso il web possono recuperare la loro soggettività.

Accostamenti arditi, improbabili, voglia di “individuo collegato con altri individui”, voglia di rivoluzione intersoggettiva che si esprime, contro il collettivo, in maniera ancora confusa attraverso l'accesso facilitato alla intersoggettività del web 2.0, attraverso i social media, anche attraverso l'apparentemente banale voglia di selfie, che mettono il proprio volto a disposizione di altri volti, attraverso la disobbedienza civile, attraverso lo sviluppo di nuove forme di empatia verso i poveri del terzo millennio, verso la natura stuprata, verso gli animali ridotti a cose... voglia di costruire nuovi modelli di convivenza in microcomunità fondate sulla dimensione intersoggettiva, sul rapporto tra soggetti piuttosto che sul rapporto tra un soggetto ed i suoi oggetti...  voglia di disobbedienza, di ribellione...

Lasciamoci quindi sulle note del Duca... ciao David, continua a ribellarti con noi...



1Hans Jonas, Il Principio Responsabilità, Einaudi, 1979
2Raffaele Romanelli, Novecento. Lezioni di Storia Contemporanea. p. 10 Il Mulino, 2014
3Raffaele Romanelli, ibidem
4Emanuel Lèvinas “Totalità ed infinito”. Jaca Book, 1983
5Ernst Junger, Tempeste d'acciaio
6Ernst Junger, ibidem
7Raffaele Romanelli, ibidem
8Wilfred Bion, Esperienze nei gruppi, Armando, 1997
9Flavia Conte (ed.), Conversazioni sul Postmoderno, Mimesis, 2013
10Franz Kafka, Il Castello, Garzanti, 1991
11 Adam Smith, La ricchezza delle nazioni, Newton Compton, 1976
12Luigi Turinese, L'anima errante: variazioni su Narciso, Flower, 2013
13Henry Thoreau, Walden, ovvero vita nei boschi, BUR, 1998
14Jack Kerouac, I Vagabondi del Dharma, Mondadori, 1968
15Walter Isaacson, Steve Jobs, Simon & Schuster, 2011
16Gregory Bateson, Mente e Natura, Adelphi , 1984
17Jorge Bergoglio, Laudato sì, Piemme, 2015

18Kevin Mitnick, L'arte dell'intrusione, Feltrinelli, 2005

1 commento:

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