lunedì 26 agosto 2013

Sul tempo, stress e nevrosi.

Siamo abituati a considerare il tempo come un contenitore, una sorta di scatola in cui collocare più cose possibili. Consideriamo altresì la nostra vita come se fosse realmente scandita da un tempo lineare, divisibile meccanicamente in anni, mesi, giorni, ore, minuti, secondi...



Tutto ciò è un falso, meglio, una convenzione.

Scambiare questa convenzione per qualcosa di realmente esistente è fonte di accumulo di stress e nevrosi.

Già Agostino d'Ippona, nel mirabile undicesimo libro de “Le confessioni” sconfessa la visione lineare e meccanica del tempo: “Tre sono i tempi: il presente del passato, il presente del presente ed il presente del futuro”. E rispetto alla misura del tempo: “ Cosa misuro infatti se dico: questo tempo è più lungo di quello?... non misuro il futuro, che non esiste ancora, non misuro il presente, che non ha estensione, non misuro il passato, che ormai non esiste più.” Agostino conclude che le misura del tempo è nell'anima (oggi forse diremmo nella mente) e che il vero tempo, l'eternità, appartiene solo a Dio.

Immanuel Kant 13 secoli dopo definisce il tempo come uno schema da noi utilizzato per collocare, ricostruire ed elaborare mentalmente immagini e concetti. Tutta l'attività mentale per Kant è scandita dal tempo, che lungi dal costituire una realtà esterna da cogliere attraverso i sensi, è uno schema presente a priori dentro di noi.

Arriviamo al secolo scorso per incontrare la ricerca sui ritmi circadiani, ed anche qui viene confermato che il tempo non è altro che una sorta di senso interno, scandito da alcuni attivatori biologici.

Quindi il tempo non esiste come oggetto dell'esperienza, siamo noi a costruire il tempo perchè abbiamo bisogno di collocare i mutamenti della natura ed i mutamenti del nostro corpo in una progressione che ci piace immaginare lineare e ripetitiva.



Negli anni '60 era di moda regalare un orologio per la prima comunione. Era una sorta di ammissione nel mondo degli adulti. Il piacere di ricevere un oggetto bello, all'epoca costoso, simbolo dell'ingresso in punta di piedi in un mondo adulto, lasciava ben presto spazio alla puzza di bruciato, all'idea di aver preso una fregatura. In realtà, con l'orologio, si veniva ammessi in un infernale mondo dove vige la schiavitù. Ogni istante della propria vita iniziava ad essere scandito, obbligato.

Noi baby boomers eravamo fortunati, non avevamo centri estivi dove venivamo raccolti come profughi quando i genitori non sapevano cosa fare di noi perchè era estate e le scuole chiudevano, la giornata estiva era un fluire naturale scandito dall'organizzazione dei nostri giochi, interrotta solo dalla necessità, fisiologica, della colazione, del pranzo, della merenda, della cena, del riposo notturno. Per il resto davamo forma al nostro tempo con la fantasia, che ci faceva diventare di volta in volta corridori del giro d'Italia, calciatori famosi, guardie o ladri, corridori automobilistici.

Il tutto mentre imparavamo dall'esperienza a stabilire e regolare le relazioni all'interno del gruppo, imparavamo la dominanza/sottomissione, il potere, la compassione, l'empatia, spontaneamente crescevamo secondo il nostro tempo interno.

Così nelle altre stagioni l'unico tempo meccanico era la campanella della scuola che suonava 4 volte: entrata, ricreazione, fine ricreazione, uscita... una dose di schiavitù tollerabile, perchè poi potevamo rientrare nel fluire del tempo personale/interpersonale... L'altra forma odierna di schiavitù, il tempo televisivo, era la TV dei ragazzi dalle 17 alle 18, il film del lunedi sera, un cartoon Disney a Natale.

Il tutto comunque era molto dimensionato e tollerabile, non avevamo scuole a tempo pieno, palestre, piscine, danza, inglese, chitarra e cinese, pene attualmente comminate ai bambini responsabili di avere dei genitori schiavi del tempo meccanico ed illusorio.

Siamo disabituati a percepire sia cambiamenti della natura che i cambiamenti del corpo... non vediamo il tempo, ma potremmo vedere dei cambiamenti... il nostro corpo non ha le stesse esigenze nelle 24 ore ma non siamo abituati ad ascoltarlo ed accondiscendere: la mattina siamo più pronti per le attività mentali, poi verso le 12 abbiamo bisogno di riposo perchè c'è un calo fisiologico, per poi riprenderci nel pomeriggio dove vanno privilegiate attività fisiche e di movimento, per poi far calare la sera con tranquillità, con un progressivo ritiro che ci conduca alla frenata graduale, unica garanzia di un sonno facile e ristoratore.

La mattina poi il nostro corpo non vuole un risveglio frenetico, ma un progressivo addentrarci nel vivo della giornata.

In tutto questo, il tempo del cibo dovrebbe essere esteso, metodico e sociale: “slow food for ever”!

Ma tutti gli impegni??? Come si fa, queste son belle parole, ma bisogna lavorare, pulire casa, badare ai figli... la sequela nevrotica incombe e preme, mentre ci dimentichiamo del nostro corpo dei ritmi che detta, ci dimentichiamo della natura e delle stagioni, che a loro volta dettano al nostro corpo dei ritmi diversi secondo la temperatura e la quantità di luce solare.

Ascoltare il proprio corpo, capire i ritmi ed assecondarli, potrebbe essere l'inizio di una piccola/grande rivoluzione, un primo rifiuto della schiavitù indotta dal falso tempo meccanico, che diventa un contenitore che vogliamo riempire sempre di più.

Non ascoltare il corpo e non accompagnarlo nei suoi ritmi necessari, non seguire la scansione di un tempo interno e soggettivo comporta un grave accumulo di distress, legato a sua volta ad una maggiore incidenza di malattie cardiocircolatorie, gastrointestinali e malattie mediate dal malfunzionamento del sistema immunitario, tra cui il cancro.

Seguire l'illusione di un tempo meccanico e lineare da riempire di cose è frutto di un'interpretazione nevrotica ella realtà, alla base della quale, per lo più si trovano stati ansiosi e depressivi, ed il conseguente tentativo di riempire il tempo in maniera onnipotente per non “ascoltare” sentimenti ed emozioni che ci mettono in difficoltà e non ci riconosciamo volentieri.

Qual' è la cura?
  • Pensiamo sempre al tempo per quello che è, non come un dato di fatto ma una mera convenzione, utile se dobbiamo andare al cinema, in vacanza, giocare a calcetto o svolgere un lavoro in compagnia di altre persone. Il tempo serve per concordare dei momenti condivisi. Non di più!
  • Oggi possiamo combattere la schiavitù del tempo televisivo attraverso il Web e la TV on demand, strumenti irrinunciabili, possiamo scegliere i momenti della giornata in cui lavorare o intrattenerci, ed il tutto compatibile con i tempi del corpo: è noto che si deve evitare attività al computer o programmi televisivi eccitanti prima di andare a dormire, quindi via PC, MAC e TV dalla camera da letto.
  • Impariamo ad ascoltare, tollerare ed assecondare il nostro corpo, ci accorgeremo che in alcuni momenti della giornata avremo voglia di pensare, studiare, organizzare, in altri avremo voglia di muoverci, in altri avremo necessità di mangiare, di riposare, di incontrare gli amici e le persone care. Ricordiamoci che non si tratta di capricci da superare, ma di vere e proprie necessità: se la vogliamo mettere su un piano unicamente materialistico perdiamo più vita e soldi in trattamenti sanitari di quelli che pensiamo di guadagnare violentando le esigenze fondamentali.
  • Impariamo ad ascoltare, tollerare ed assecondare la nostra mente, riconoscendole il diritto a diversi stati d'animo, ad un tempo interno ricco e vario, che dovrebbe venire primo in grado rispetto agli impegni esterni, ed alla paura di guardarci dentro e riconoscerci per quelli che siamo. Anche in questo caso coltivare la propria nevrosi è molto costoso anche sul piano materiale, in termini di vita e risorse sprecate.
  • Introduciamo sistematicamente metodiche di rilassamento profondo e meditazione, imparandole da professionisti esperti, che possono aiutarci a recuperare l'ascolto di corpo e mente.
  • Se nulla di tutto ciò funziona non trasciniamo la nostra vita in condizione di schiavitù e rivolgiamoci ad un professionista, possibilmente che non sia a sua volta uno schiavo, che possa aiutarci a spezzare le catene.
  • Consideriamo sempre che la vita è un bene che abbiamo ricevuto e che un giorno dovremo restituire, quindi sarebbe cosa buona restituire il bene ricevuto in buone condizioni e possibilmente accresciuto e migliorato, ciò potrà avvenire solo se saremo stati capaci di “mantenere” bene noi stessi per poter lasciare un segno positivo di noi nelle persone e in quello che, seguendo la freccia del tempo e la seconda legge della termodinamica, ci ostiniamo a chiamare “futuro”.