Questa è una delle storie a cui sono più affezionato, è stata scritta da un operatore sociale della Cooperativa Magliana '80, che si occupa dell'intervento sulle tossicodipendenze in quel quartiere romano che ha legato il suo nome al degrado ed alla malavita. Oggi degrado e malavita non sono scomparsi ma convivono con i pensionati ed un ceto impiegatizio "piccolo borghese", come si diceva negli anni 70. Il Camper veniva utilizzato, in convenzione con il Servizio per le Tossicodipendenze della ASL, per decentrare le terapie sostitutive con il metadone e portarle più vicino ad una serie di pazienti che vivevano una condizione di tossicodipendenza oramai cronica... questo in teoria, e talvolta anche in pratica... in buona sostanza invece affluivano al Camper i soggetti più problematici dal punto di vista comportamentale che, con la loro patologia psicotica o borderline, concomitante ad un massiccio uso di sostanze e ad una vita condotta oltre i margini della legge, mettevano in seria difficoltà i servizi della ASL. L'équipe del camper era mista, medico ed infermiere della ASL, operatori sociali di Magliana 80, spesso ex tossicodipendenti con un percorso riabilitativo completato e mantenuto con successo, che "sapevano" come trattare con quegli utenti difficili. La mia funzione di Supervisore era quella di ascoltare le angosce di questi operatori di fronte al tema del degrado, della malattia e della morte, temi da loro attraversati in prima persona e riattivati dal rapporto con questi pazienti particolari, cosa che metteva loro in una posizione delicatissima. Penso, spero, di aver aiutato a "non farsi male" queste persone speciali, piene di vita e di esperienza, con una carica ed una sensibilità fuori dal comune... abbiamo passato insieme molte ore e molti anni a discutere, pensare metodi, valutare il lavoro, cercare di migliorarlo, raccogliere ed elaborare angosce personali molto profonde, interpretare il senso delle trame relazionali che si attivavano con i pazienti... qualcuno di questi operatori si è laureato ed è diventato un collega, chi è diventato nonno, chi è morto di AIDS dedicando gli ultimi giorni della vita a lavorare per strada con i "tossici"... di altri ancora non conosco quale sia stato il loro destino... mentre scrivo non so se li ho mai ringraziati per tutto quello che mi hanno insegnato, nonostante fossi io il loro supervisore... è giunto il momento di colmare questa lacuna...
Ecco la storia, la trovo particolarmente toccante, anche per la presenza di un cane, unico affetto del paziente che chiameremo Andrea...
immagine da www.tafter.it |
Andrea è stato uno dei primi a venire al Camper. Abitava e abita a Donna Olimpya e con la chiusura del Ser.T si era trovato un tantino in difficoltà, tenendo conto che stava a 280 mg di metadone a mantenimento più tre Minias al giorno. Non tre pasticche di Minias, tre flaconi di Minias.
Arrivava tardi preceduto da Lucky a cui scioglieva il guinzaglio subito dopo essere entrato nel parcheggio.
Ci metteva tre quarti d’ora per buttarsi giù quei due bicchieroni, non avevo mai visto una cosa del genere, lo giuro.
Veniva sempre lavato e profumato col suo faccione da bambino leggermente sudato e sempre con Lucky attaccato al lungo guinzaglio rosso ed era sicuramente più sorridente di tanti che avrebbero da ridere ma da ridere veramente.
Cerchiamo di spiegarci. Se su cento persone che dovevano venire al Camper non ne veniva qualcuno, a caso, questo non era un problema. Se per la mezza Andrea non si vedeva, questo era un problema, un bel problema.
Se veniva presto era peggio, dato che c’ aveva tempo pure per vomitare e ricominciare da capo con i 280.
Una volta d’estate l’hanno portato i Carabinieri. Lucky non c’era, l’avevano lasciato legato a un palo da qualche parte. Lui piangeva forte e tremava ancora più forte. Lo avevano fermato con mezz’etto di fumo mentre parlava con due pischelli.
Ci mise relativamente poco a bere i primi 280 e possiamo dire che, da come la vedevo io, era più che altro preoccupato per Lucky. Vomitò affacciato alla porta del Camper e ripartì come al solito molto più agitato del solito, anche i Carabinieri era agitati, lo misero in macchina e ripartirono, ma si fermarono inchiodando prima di uscire dal parcheggio. Vomitò per la seconda volta senza scendere dalla macchina.
Lo riportarono dal dottore mentre qualcuno chiamava il responsabile del Ser.T, tossiva forte e c’aveva la pressione alta, parecchio. I Carabinieri non sembrava volessero mollarlo non ancora, rimontò sul Camper il dottore gli fece un Plasil, intramuscolo, lui si sedette un quarto d’ora e l’infermiera gli versò i soliti 280.
Li bevve piano questa volta e il suo stomaco intorpidito dal Plasil parve sopportarli. Lo portarono via, seppi poi che gli avevano fatto solo il foglio di sequestro, solo questo. Qualcuno disse che era infame, che qualcun altro aveva pagato al posto suo.
Io non credo sia andata cosi. Io con lui c’ho parlato e mi ha detto che gli ha vomitato al Comando, su una scrivania, che ha iniziato a tossire e a scatarrare dappertutto, che gli si erano gonfiate le mani e pure il viso e che poi non c’era niente da pagare.
Perché lui si il fumo glielo aveva pure dato ai pischelli, questo si, ma i pischelli l’avevano buttato perché avevano visto i Carabinieri da lontano, dato che erano in divisa ed era vero io pure li avevo visti.
E forse nemmeno i Carabinieri se la sono sentita di lasciare dentro Regina Coeli un cristiano in quella condizioni, per così poco.
Adesso sta meglio, é stato per tre mesi al Gemelli e glielo hanno scalato con le flebo.
E’ fermo a quaranta di metadone e un flacone di Minias.
E’ sempre facile al pianto ma quando piange lo fa più piano.
Nessun commento:
Posta un commento