Esistono delle psicopatologie che nel
tempo si ripetono uguali a se stesse, ma vengono considerate
diversamente dal contesto storico culturale.
La figura di Ildegarda di Bingen,
affascinante badessa mistica del XII secolo, visionaria, taumaturga,
medico, filosofo, predicatrice, badessa, ai tempi di Freud sarebbe
stata un'isterica, oggi sarebbe stata una persona avviata ad una
carriera neuropsichiatrica. A causa dei disturbi neurologici, delle
visioni e delle sue elaborazioni mistiche sarebbe stata imbottita di
antipsicotici atipici, stabilizzatori dell'umore e si sarebbe fatta
qualche ricovero in clinica o in trattamento sanitario obbligatorio.
I tempi ed i costumi oltre ad
accogliere in maniera diversa le manifestazioni dell'animo umano e
contribuiscono a creare delle forme specifiche con cui le persone
esprimono il loro star male.
La repressione sessuale condizionò i
fenomeni che poi vennero denominati “isteria”, a partire dalla
quale Freud ideò il pensiero psicoanalitico. Oggi l'isteria sembra
quasi scomparsa o mimetizzata all'interno di altre psicopatologie.
A partire dagli anni 70', nell'epoca
del relativismo morale e dell'individualismo, della perdita delle
reti supportive sociali e familiari, si sono mostrati in aumento
esponenziale i cosiddetti disturbi narcisistici, legati ad una
fondamentale fragilità dell'animo unita ad una particolare
sensibilità per come si viene visti dagli altri, vissuti come sempre
più distanti e persecutori piuttosto che supportivi.
Vediamo come la profonda crisi
economica che sta attraversando tutte le civiltà occidentali,
influenzano l'espressione dell'ansia e della depressione.
Fino ad oggi tutti credevano nel
progresso e non vi erano dubbi che le generazioni successive
avrebbero potuto vivere meglio delle precedenti.
L'uscita dall'orrore delle guerre
mondiali, il miglioramento delle condizioni di vita che ebbe un picco
positivo nel secondo dopoguerra del '900 (del quale i “baby
boomers” , le persone nate tra il 1950 ed il 1968, sono un
prodotto) la rivoluzione (culturale e dei costumi più che politica)
del '68 hanno creato una generale fiducia nel “progresso”, nel
miglioramento a tutti i costi.
In questi periodi in cui l'economia
recede le persone si trovano di fronte ad importanti disillusioni, a
configurazioni sociali date per acquisite e scontate, che invece
sembrano crollare.
Il prezzo è il disorientamento, la
perdita dei sogni, l'ansia, la depressione.
Le patologie di tipo ansioso sono in
grande aumento ma il vero male epidemico è quello costituito dalle
varie forme di dipendenza, strettamente collegate alle prime.
La dipendenza è un tentativo di
autocura delle patologie ansiose perchè le dipendenze consentono di
regolare in maniera immediata l'iperattivazione ansiosa ed i picchi
depressivi.
Dall'uso di droghe, epidemico a partire
dagli anni '70 del secolo scorso e non in regressione, le dipendenze
si sono estese a diverse aree come il comportamento alimentare, gli
affetti, lo shopping, internet e l'uso compulsivo di tutti i
“technological devices”.
L'alcool rimane una dipendenza antica e
mai debellata, il tabagismo è passato da un modello da emulare (chi
non ricorda Huphrey Bogart in Casablanca che da l'addio alla sua
bella fumando come un turco) alla più grave e dannosa , in termini
di costo sanitario e mortalità, delle dipendenze.
Occorre un kit psicologico, una
valigetta degli attrezzi per poter vivere in un mondo che cambia,
anche più rapidamente di quanto possiamo immaginare, un kit composto da 15 antidoti che
costituisca un'importante prevenzione per le ansie generate dal
contesto sociale che viviamo.
E' importante cambiare mentalità e non
essere investiti dalle folate di vento di disillusione, di ansia per
il futuro. Vivrà meglio chi capirà prima e sarà in grado di
disporsi al cambiamento.
Saranno inevitabili alcune
generalizzazioni e semplificazioni che mi perdonerete.
1. Il primo antidoto che tiriamo fuori
dalla valigetta si chiama “Decrescita”. Per la definizione e la
storia vi rimando a Wikipedia. In estrema sintesi, il pianeta non
può sopportare il modello di sviluppo dominante dall'ultimo
dopoguerra in poi.
Se in termini generali possiamo anche
essere convinti dell'opportunità di rivedere il ciclo
produzione-consumi, nel particolare delle vite di tutti noi tutto ciò
implicherebbe assumere dei comportamenti che implicherebbero
cambiamenti importanti e difficili da digerire: per vivere in maniera
coerente alla decrescita è necessario quindi un vero e proprio
lavoro di ridefinizione psicologica delle nostre abitudini.
2 Ciò che la “Decrescita”
rappresenta a livello globale il “Downshifitng” declina a livello
personale, nelle nostre vite di tutti i giorni. Anche qui per la
definizione rimando a Wikipedia ed alle varie pubblicazioni sul tema.
La scelta della semplicità volontaria nasce da professionisti e
dirigenti che decidono di impiegare diversamente il proprio tempo,
vivendo in maniera frugale e risparmiando così risorse da dedicare
alla famiglia, agli affetti, al volontariato, alla coltivazione di
sé.
I più giovani in attesa di lavoro o
con lavori saltuari obietteranno che per loro il “down” non è
una scelta, ma una condizione obbligata. Ancora di più cambiare
mentalità verso una vita frugale ed essenziale diventa una necessità
impellente, un fattore di sopravvivenza e non una scelta che per ora
è classificata da molti un po' snob e fondamentalmente
aristocratica.
Cercare con soddisfazione
l'essenzialità ed il recupero del tempo per se stessi e per gli
affetti combatte il senso di frustrazione permanente.
3. Terza idea per la sopravvivenza è
una nuova rivoluzione copernicana: Copernico mise finalmente il sole
al centro e non la terra, ora dobbiamo mettere al centro il Tempo e
non il Denaro. Il tempo non è denaro, come si diceva una volta, ma
un bene limitato che non si può scambiare, che si perde
irrimediabilmente non appena trascorso, ed il suo trascorrere è
ineluttabile.
E' vero che se non c'è denaro
sufficiente il tempo può essere gramo, è anche vero che la soglia
della “sufficienza” del denaro non è oggettiva ma influenzata
dalla morale, da usi e costumi. In altre parole lavorando sui falsi
bisogni si può diminuire di molto il denaro necessario a fare una
vita soddisfacente. I beni materiali spesso sostituisco un orizzonte
di senso difficile da trovare nella vita, costituiscono una
soddisfazione immediata che esime le persone dall'interrogarsi sul
senso delal propria esistenza, dal guardarsi dentro e leggere
eventuali fonti di insoddisfazione. Spesso ci si getta sui beni
materiali perchè si ha paura di crescere e cambiare.
Per i miei nonni il risparmio era un
valore e all'epoca (i miei nonni nascono intorno al 1900) chi si
indebitava era guardato con sospetto: magari vivere di poco, ma del
proprio. Dagli anni '60 l'indebitamento è diventato un valore, rate
per la lavatrice, la tv, la macchina nuova, più spaziosa, potente e
prestigiosa. Poi vennero i mutui e gli italiani (unici nel mondo
occidentale) diventano quasi tutti proprietari di casa, perchè
l'affitto sono “soldi buttati”. In realtà la proprietà di
quelle case è per lo più delle banche, in attesa che le famiglie
paghino i mutui. La propria vita in mano alla banca, per 15, 20, 25
anni! Spesso nella voglia di crescere ed emanciparsi si acquista una
casa più grande, bella e cittadina di quanto sia indispensabile, ed
il criterio del denaro sufficiente per vivere cresce, cresce
esponenzialmente.
Questo è un'importante fattore di
ansia cronica, la tanto desiderata casa di proprietà diventa un
Moloch al quale sacrificare la propria vita ed il proprio tempo.
Essere indebitati è “buono”, con
poco al mese possiamo avere macchina nuova, il televisore, il
computer nuovo, e ci mangiano il Tempo e l'anima, la serenità, che
sono gli unici due beni non sostituibili.
4. Quarto antidoto è la
considerazione oggettiva dei nostri tempi: viviamo più a lungo e
meglio, la medicina ha fatto passi da gigante, la gente può avere
un'istruzione, siamo più attenti del passato all'infanzia, alle
persone più deboli, alla natura ed agli animali, il concetto di
razza è sostanzialmente abolito e nasce il dialogo interreligioso.
C'è ancora moltissimo da fare, ma solo 50 anni fa tutto ciò sarebbe
stato impensabile!
Abbiamo un'aspettativa di vita lunga e
relativamente comoda ed istruita. Volere sempre di più, riferito
specialmente ai beni materiali, fa in modo di creare nelle persone
uno stato di perenne frustrazione e lamentela che ci fa dare per
scontato il fatto che i miei genitori sarebbero potuti morire per una
semplice polmonite che oggi si cura con 10 giorni di antibiotici e di
riposo a casa.
Così viviamo di più, ma rischiamo di
farlo depressi e svogliati, frustrati perchè guardiamo sempre a
tutto ciò che non abbiamo.
5. Gianbattista Vico, XVIII secolo, e
Oswald Spengler, XX secolo, ci insegnano che la storia non è un
percorso lineare, ed Arnold J. Toynbee, allievo di Spengler, riprende
ed esalta la nozione di cicli storici parlando delle civiltà come
creature che hanno un loro ciclo vitale, nascono, crescono,
invecchiano e muoiono. La principale opera di Spengler si intitola
“Il tramonto dell'Occidente”.
Se esistono i cicli in storia dobbiamo
allenarci a pensare che l'idea che il futuro sarà sempre garantito è
fasulla. Posti di lavoro a tempo indeterminato, stato sociale,
pensioni erogate con il metodo contributivo, costi faraonici della
politica e dell'apparato statale, risorse dello stato distribuite in
maniera clientelare, lavoro per lo Stato e contemporaneo lavoro in
nero che permette di pagare la casa al mare e l'Università ai figli
appartengono ad un altra epoca.
Il garantismo sindacale si tramuta in
scontro generazionale, tra chi ha un lavoro ipergarantito e chi il
lavoro non ce l'ha punto. Un giovane che non riesce a lavorare vede
con orrore gli operai che si lamentano della cassa integrazione,
grazie alla quale invece che perdere il lavoro possono stare a casa
pagati, magari poco, ma pagati.
La condizione precedente non è
prorogabile, le risorse sono state consumate tutte. Chi gode ancora
di privilegi prova a tenerseli stretti, ma per chi non gode di
privilegi desiderarli è fonte di frustrazione, ansia, depressione.
Smettiamo di desiderare quello che non possiamo avere.
I privilegi sopra elencati non sono
esistiti in tutte le epoche ma, considerando i tempi storici, in un
breve periodo di esaltazione legato al progresso tecnologico e ad un
periodo relativamente sgombro da guerre devastanti.
6 Considerare le cose “sub specie
aeternitatis”, come diceva Spinoza: uscire dalla continua
attenzione alla nostra esistenza individuale e storica limitata nel
tempo.
Guardare più in là, alle
generazioni future ed alle altre persone.
Guardare più in su se si possiede
una forma di religiosità e di trascendenza.
Dice il filosofo: “ La
beatitudine non è il premio della virtù ma la virtù stessa; e non
non ne godiamo perchè reprimiamo le nostre voglie; ma viceversa,
perchè ne godiamo possiamo reprimere le nostre voglie.”
7 Ridimensionare le aspettative senza
perforza rinunciare ai sogni. Il problema della disoccupazione
intellettuale è legato al fatto che la società italiana non è
realmente evoluta al passo con il quale sono evolute le aspettative
di miglioramento della condizione sociale. Si laureano molte più
persone di quante un'Italia fondamentalmente sclerotica,
gerontocratica ed arretrata riesca ad assorbirne. Oggi laurearsi non
è poi così difficile, le Università pubbliche costano poco,
genitori con il diploma superiore o con la terza media mettono al
centro della loro vita l'aspettativa di avere un figlio laureato, ci
si può laureare anche impiegando 10 anni per compiere un percorso
di studi per il quale ne servono la metà.
Spesso ci si laurea impiegando troppo
tempo e con percorsi di studi di scarsa qualità. Un tempo bastava
laurearsi comunque e sperare in un concorso, prima o poi entravano
tutti, bastava uno zio democristiano o socialista, la laurea era
solo un pretesto. Oggi le raccomandazioni non sono finite, anzi, ma
ci sono meno risorse, quindi i laureati devono confrontarsi con il
mercato del lavoro che vede l'Italia fanalino di coda nelle
professioni intellettuali, devono poi confrontarsi, in epoca di
globalizzazione, con i giovani colleghi stranieri, forse meno forti
sotto l'aspetto teorico ma più preparati per lavorare.
Non rimane che puntare sulla laurea
come strumento di crescita personale, non strettamente legato alla
possibilità di utilizzare quella laurea in modo tradizionale. In
altre parole occorre sentire il famoso discorso che Steve Jobs tenne
alla Stanford University nel 2005 (disponibile su Youtube), leggere
la sua biografia (magari per completezza leggere anche “Se Steve
Jobs fosse nato a Napoli”) e farsi così l'idea che i percorsi
lineari e scontati non esistono più ed occorre fare un bell'esame
di realtà ed un business plan, valutare il proprio grado di
creatività, spirito di sacrificio e disponibilità al cambiamento
prima di infilarsi in una situazione potenzialmente frustrante come
le formazione universitaria.
Dedicare invece un tempo sistematico
alla conoscenza, a coltivare se stessi nella cultura, secondo le
proprie inclinazioni e le proprie possibilità, senza che ciò abbia
un'immediata ricaduta utilitaristica.
8 Lavorare meno, per scelta o
perforza, ridurre i consumi al minimo essenziale, scegliere di non
abitare perforza al centro di una grande città, visto che il
fiorire delle seconde case ha svuotato i piccoli Comuni, dove si
possono trovare soluzioni abitative affascinanti e meno costose, con
ritmi più rilassati e più tempo per coltivare se stessi. Non
esiste solo la metropolitan way of life,
adottata purtroppo anche nei piccoli centri.
9 Osservare e non
subire le stagioni che cambiano, osservare ed assaporare i
cambiamenti giornalieri della luce, dei suoni, degli odori.
Rallentare quando viene sera e comunque quando siamo stanchi, senza
violentare continuamente il nostro sé mantenendolo in uno stato di
accelerazione permanente, incurante dei segnali del corpo e
dell'ambiente.
10 Mantenere
costante l'esercizio fisico, curare la postura, la respirazione. Non
sono indispensabili le costose palestre.
11 Affrontare l'horror vacui.
Talvolta viviamo un “tutto
pieno” che ci permette di non pensare, di non sentire, di non
sperimentare la paura del vuoto, dell'incertezza della vita e del
futuro. Correndo, annaspiamo verso certezze che comunque non
arrivano e bruciamo così il tempo che abbiamo a disposizione.
12 Rendiamo sacro ed importante ogni gesto della nostra vita, anche i
più piccoli ed insignificanti. Apparecchiamo la tavola con cura, con
amore, lentamente e con senso estetico. Prepariamo il cibo con calma
e mangiamo lentamente.
13 Seguiamo al
massimo un notiziario al giorno. I toni enfatici con cui vengono
trasmesse le notizie, il martellamento mediatico, il catastrofismo
sparato come colpi di mitraglia, l'illusione di poter avere sotto
controllo gli eventi se consultiamo continuamente telegiornali e
agenzie di stampa attraverso tv, smartphone o tablet non fanno altro
che aumentare i livelli di ansia e depressione.
Disinstallate
dagli smartphone tutte le agenzie di stampa e le notizie real time.
A meno che non siate giornalisti che si occupano di cronaca,
finanzieri o agenti di borsa non vi serve conoscere tutte le ore
l'andamento delle Spread, vi viene solo angoscia e comunque non
cambia nulla di sostanziale.
14 Godere
dell'arte in tutte le sue forme, intesa sia nell'aspetto creativo
contemplativo che nell'aspetto produttivo della tecnica. L'arte crea
delle forme, come la natura, contemplare l'arte e creare delle forme
è un processo naturale, non occorre essere Van Gogh, basta
dedicarsi all'ascolto ed all'osservazione, alla fotografia, al
cinema, alla musica, entrare in una chiesa del XIV secolo, oppure
anche mettersi in grado di riparare un mobile, una finestra. Creare
e contemplare. Il bello cura.
15 Rendere il viaggio parte della propria vita. Il viaggio è una
dimensione interiore, come insegna I Vagabondi del Dharma,
romanzo meno noto di Kerouac.
Non sempre il viaggio costa, è possibile camminare, come insegnano
i progetti come Camminare per conoscere. Siamo
pieni di borghi, chiese, monasteri, riserve naturali, anche vicino a
casa di ciascuno di noi. L'Italia potrebbe vivere di natura e
cultura.
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