Antecedentemente alla nascita della filosofia la cultura greca arcaica era fondata sui poemi di Omero ed Esiodo, i quali proponevano immagini e discorsi narrativi.
Avevano come protagonisti fatti ed eventi presentati solitamente nella dimensione temporale, con riferimenti al passato, al presente, al futuro. La tecnica della comunicazione si basava sulla memorizzazione dei versi poetici e sulla loro continua ripetizione, e questo implicava una partecipazione emotiva ed una identificazione del soggetto con i contenuti comunicati (vedi il primo dei 14 volumi della bellissima Storia della Filosofia di Reale ed Antiseri).
Avevano come protagonisti fatti ed eventi presentati solitamente nella dimensione temporale, con riferimenti al passato, al presente, al futuro. La tecnica della comunicazione si basava sulla memorizzazione dei versi poetici e sulla loro continua ripetizione, e questo implicava una partecipazione emotiva ed una identificazione del soggetto con i contenuti comunicati (vedi il primo dei 14 volumi della bellissima Storia della Filosofia di Reale ed Antiseri).
La nascita della ricerca filosofica ha modificato ed innovato questo tipo di cultura, con il passaggio verso una formulazione di concetti: a parlare non sono necessariamente dei personaggi con cui identificarsi , piuttosto il dia-logos avviene tra concetti, idee che interloquiscono tra di loro, anche se, per espediente comunicativo, fatte esprimere da personaggi in forma dialogata oppure attraverso il racconto di miti, che è il modo in cui Platone ci ha trasmesso il suo pensiero.
Non più quindi immagini e storie ma concetti, sia pur presentati attraverso miti o attraverso dialoghi. Questo è il passaggio epocale attuato con la nascita della filosofia in Grecia, esperienza culturale unica e radicalmente diversa dalle forme culturali apparse nel resto del mondo.
Non più quindi immagini e storie ma concetti, sia pur presentati attraverso miti o attraverso dialoghi. Questo è il passaggio epocale attuato con la nascita della filosofia in Grecia, esperienza culturale unica e radicalmente diversa dalle forme culturali apparse nel resto del mondo.
Pensavo a come la psicoterapia riassumesse in sé, nel declinarsi temporale del viaggio con ciascun paziente, entrambe queste forme di cultura.
In psicoterapia, in psicoanalisi infatti avviene la narrazione di personaggi ed eventi della vita, vengono prodotte immagini tratte da fantasie, sogni, giochi di produzione simbolica come il gioco della sabbia.
Come nelle opere di Omero ed Esiodo narrazioni ed immagini traggono forza dalla ripetizione, il proprio dramma esistenziale è narrato e rinarrato più e più volte sotto diverse forme ed in diverse fasi del percorso psicoanalitico e psicoterapeutico.
Anche sotto forme diverse e con protagonisti diversi la trama relazionale ed esistenziale del paziente è individuata dallo psicoterapeuta, aiutato in questo dalla cadenza regolare nel tempo delle sedute, almeno settimanali.
Anche sotto forme diverse e con protagonisti diversi la trama relazionale ed esistenziale del paziente è individuata dallo psicoterapeuta, aiutato in questo dalla cadenza regolare nel tempo delle sedute, almeno settimanali.
Come nei poemi omerici, la narrazione e ri-narrazione crea un campo bipersonale, dove entrambi i soggetti partecipano emotivamente e si identificano con i contenuti comunicati.
La narrazione è reciproca, mentre il paziente narra di personaggi, eventi ed immagini della sua vita e della sua mente, lo psicoterapeuta narra di sé attraverso la scelta degli interventi, la tonalità e la prosodia, il linguaggio non verbale, l'espressione di proprie opinioni sul narrato, l'accostamento associativo di proprie immagini a quelle del paziente, la scelta di quali temi interpretare in quella seduta, talvolta, con moderazione, possono essere narrati alcuni aspetti personali (non intimi) perchè il paziente possa “giocare” con la rappresentazione dello psicoterapeuta che ne consegue e metterla in rapporto alle proprie fantasie sulla relazione desiderata e temuta (il tema della self-disclosure anni addietro era un tabù, ora viene considerato dalla comunità scientifica uno strumento molto potente ma anche molto delicato per i temi etici implicati e per il grande expertise e controllo di sé che viene richiesto allo psicoterapeuta che ne fa uso, insomma, da usare con moderazione e solo quando strettamente indispensabile).
La narrazione è reciproca, mentre il paziente narra di personaggi, eventi ed immagini della sua vita e della sua mente, lo psicoterapeuta narra di sé attraverso la scelta degli interventi, la tonalità e la prosodia, il linguaggio non verbale, l'espressione di proprie opinioni sul narrato, l'accostamento associativo di proprie immagini a quelle del paziente, la scelta di quali temi interpretare in quella seduta, talvolta, con moderazione, possono essere narrati alcuni aspetti personali (non intimi) perchè il paziente possa “giocare” con la rappresentazione dello psicoterapeuta che ne consegue e metterla in rapporto alle proprie fantasie sulla relazione desiderata e temuta (il tema della self-disclosure anni addietro era un tabù, ora viene considerato dalla comunità scientifica uno strumento molto potente ma anche molto delicato per i temi etici implicati e per il grande expertise e controllo di sé che viene richiesto allo psicoterapeuta che ne fa uso, insomma, da usare con moderazione e solo quando strettamente indispensabile).
Tra paziente e psicoterapeuta si crea quindi un dia-logos che si dipana in una trama bipersonale, come se fosse un sogno sognato a due (vedi il contributo di Odgen sul parlare come sognare) in cui le narrazioni e le immagini si intrecciano, si ripetono, si modificano, vengono prodotte ex novo nella situazione terapeutica, determinando un'esperienza emotiva antica, per la ripetizione di temi relazionali passati, spesso legati al modo di essere nevrotico della mente, ma anche nuova, visto che in psicoterapia vengono prodotte narrazioni ed immagini non solo legate al passato ma anche al contesto bipersonale del rapporto con il terapeuta: si elaborano così diverse modalità di “essere-nel-mondo”, spesso più soddisfacenti, meno rigide e più adattive delle precedenti modalità nevrotiche che, beninteso, non spariscono del tutto, legate come sono alle caratteristiche costitutive della persona, ma tendono ad essere conosciute ed agite solo sullo sfondo, riposte in un armadio che può essere aperto per rispolverare i ricordi oppure in situazioni di particolare stress.
La psicoterapia, quando fonda le sue radici nella psicoanalisi, consente questa particolare ed irripetibile forma di apprendimento su di sé, attraverso immagini, narrazioni vissute, ri-vissute e condivise con lo psicoterapeuta.
Questa descritta però è solo una parte, fondamentale e caratteristica della psicoanalisi, ovvero non presente in altre forme di apprendimento.
Immagini e storie, nel loro dipanarsi reciproco ed intrecciarsi nel qui ed ora della relazione terapeutica, come ulteriore forma di apprendimento vengono concettualizzate: si crea un distacco tra soggetto conoscente ed oggetto conosciuto, anche quando l'oggetto da conoscere è il sé del paziente stesso.
Il passaggio al concetto viene promosso dal lavoro psicoanalitico attraverso la mentalizzazione (gli autori anglosassoni dicono: to keep in mind the mind, tenere in mente la mente, vedere i contributi del Londinese Peter Fonagy) e l'autocoscienza (vedi il recente splendido lavoro di Antonio Damasio, Self comes to mind).
Anche in psicoanalisi, così come in filosofia, vengono espressi concetti che, nel tempo, dialogano tra loro, e questo avviene sia nel microcosmo della relazione terapeutica sai nell'ambito più vasto della comunità scientifica.
Sempre a questi due livelli sincronici si utilizzano logos, pensiero, e dialettica per formare teorie del funzionamento della mente, confutate e poi avvalorate dalla ricerca scientifica e dal confronto con le discipline contigue, come le Neuroscienze e la Psiconeuroimmunoendocrinologia, PNEI.
Sincronicamente, il paziente sviluppa teorie personali sul funzionamento dalla propria mente, da usare come una mappa attraverso la quale orientare la propria vita.
Nel passaggio sincronico tra narrazione e concettualizzazione la psicoterapia fondata sulla psicoanalisi sembra quindi riassumere e risolvere dentro di sé il passaggio diacronico avvenuto nella cultura greca tra narrazione poetica e filosofia.
La psicoterapia psicoanalitica ha nel suo DNA la oscillazione tra narrazione e logos, tra immagine e dialettica, mentre altre forme di psicoterapia, pur efficaci in quanto dotate di tecnè abili ad intervenire sui sintomi o sulle cognizioni, non presentano questa caratteristica.
La psicoterapia psicoanalitica ha nel suo DNA la oscillazione tra narrazione e logos, tra immagine e dialettica, mentre altre forme di psicoterapia, pur efficaci in quanto dotate di tecnè abili ad intervenire sui sintomi o sulle cognizioni, non presentano questa caratteristica.