sabato 27 febbraio 2016

L'Uomo e la Biosfera: il perchè della scelta vegetariana

L'Uomo e la Biosfera: il perchè della scelta vegetariana


Il termine biosfera è stato utilizzato per la prima volta dal teologo e filosofo gesuita Teilhard de Chardin, citato da Arnold Toynbee:

La biosfera è una pellicola di terra asciutta, acqua ed aria che avvolge il globo del nostro pianeta Terra. Essa è l'unico habitat esistente, - e per quanto ci è dato di prevedere anche l'unico a cui si potrà accedere in futuro- di tutte le specie di esseri viventi, uomo compreso, a noi note”1
Nella seconda metà degli anni '70 del '900 autori come Arnold Toynbee2 ed Hans Jonas3 rilevano il capovolgimento totale del paradigma che ha caratterizzato da sempre il rapporto Uomo-Natura: da sempre in lotta per proteggersi dalla natura, a partire dal '900 l'Uomo attraverso l'assunzione totalizzante di un paradigma prometeico4 è diventato in grado di distruggere la biosfera, unico tra tutte le specie viventi.

Si tratta di una totale inversione del paradigma classico, all'interno del quale l'uomo doveva ricavare il suo posto ed il suo ruolo all'interno della biosfera, entrando in competizione (e in relazione) con gli altri elementi per costruire e garantirsi la vita.

L'uomo ha sempre dovuto difendersi dalla Natura, anche se la sua particolare attitudine all'esercizio del potere ed alla predatorietà disequilibrata lo ha caratterizzato da sempre, come narra Sofocle nel Coro dell'Antigone.5

Caratteristico della Modernità, datata convenzionalmente dal 1789, anno della rivoluzione francese , è il tentativo spasmodico di realizzare quanto dettato dal Genesi, 1,28: “Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra e soggiogatela, e abbiate dominio sui pesci del mere, sui volatili del cielo su bestiame e su ogni essere vivente che striscia sulla terra”. Ovvero realizzare il totale dominio dell'uomo sulla biosfera.

Per la verità esiste un orientamento esegetico che analizza l'originale verbo ebraico, tradotto poi con i termini “soggiogatela” e “dominio”: si tratta in realtà di un verbo che deve essere tradotto come “governare”. In conformità alla provenienza antropologica e culturale delle narrazioni orali diffusi tra popoli dedicati alla pastorizia, poi raccolte nei libri poi riunti nella Bibbia, si trattava del verbo che i pastori utilizzavano per il buon governo degli armenti.

Le prime traduzioni dall'ebraico al greco in realtà rispettano il concetto del buon governo, dato che la traduzione greca utilizza il verbo αρχη`, il verbo che significa “iniziare”, “principiare”, e che nel greco classico ha a che fare appunto con il “buon governo”.

Tuttavia, in tutte le edizioni della Bibbia da me consultate ho trovato le parole dominio ed assoggettamento, pertanto, purtroppo sembra proprio che si debba considerare questa come interpretazione corrente, almeno fino a che non verrà modificata la traduzione dalla Conferenza Episcopale Italiana. Da notare che l'attuale magistero ufficiale della Chiesa, espresso dal Pontefice Francesco I, Jorge Bergoglio nella sua enciclica “Laudato Si'” interpreta il passo in difformità dalla traduzione vigente, e lo interpreta nel senso del “buon governo” della Natura e non dell'assoggettamento. 6.  Si tratta di un importante allargamento degli orizzonti della Chiesa che, da Papa Bergoglio in poi,  potrebbero diventare non esclusivamente antropocentrici.

Il dominio dell'uomo sulla Natura, favorito da una tecnologia autoreferenziale, non vincolata da riflessioni di carattere etico-ambientale e subordinata alla logica del profitto e del potere, è iniziato a partire dalla prima Rivoluzione Industriale e proseguito, esaltato e veicolato dal trionfo delle macchine nelle due guerre mondiali del '900 e dal pensiero totalitario che in quegli anni ha contraddistinto l'umanità7.
Missione dei tempi che succederanno al Postmoderno8 sarà quella di disinnescare i pericoli creati da questo scenario surreale: una specie, l'Uomo, che invece di trovarsi a combattere per la vita all'interno della biosfera, può distruggerla, annientando ovviamente anche se stesso.

Occorre un'inversione di tendenza, una rinuncia al dominio, all'assoggettamento. Una rinuncia alla illimitata volontà di potenza che nell'era moderna trova il suo supporto nelle leggi dell'economia, della finanza e dello sviluppo a tutti i costi. La volontà di potenza dell'uomo a scapito della biosfera stessa è una condizione suicidale e quindi surreale che si fonda sulla illusione nevrotica del progresso a tutti i costi e sulla quasi divinizzazione delle relazioni sociali tra soggetti collettivi, a scapito del considerare l'uomo nella rete di relazioni propria della intera biosfera.

L'uomo sembra problematizzare la relazione solo nel sociale, all'interno della sua stessa specie, sentirsi misura di tutte le cose e fine ultimo di tutto, in diritto di fare come meglio crede delle altre creature animali e vegetali e degli ambienti naturali. In altri termini il violento Moderno ed il suo figlio storpio e cieco detto Postmoderno9 soffrono di un male puntualmente diagnosticato in maniera molto simile da due personaggi molto diversi fra loro, il sacerdote gesuita Teilhard de Chardin, che ha parlato di Totalitarismo Sociale10 e Theodor Kaczinsky, il famoso Unabomber, che nel suo “Manifesto” parla di Sovrasocializzazione.
La strada per questa inversione di tendenza, ovvero la strada che conduca l'Uomo al suo posto, in rapporto dinamico con tutti gli altri elementi della biosfera e non pericolosamente sovraordinato ad essa, ci è stata indicata poco più di 2000 anni fa.

La via ci è stata indicata attraverso una storia straordinaria, quella di Yehoshùa,un rabbi rivelatosi come Uomo-Dio. Non è stato il primo esempio ed unico di Uomo-Dio: lo erano i Faraoni, lo erano gli Imperatori Romani, lo è stato Hiro Hito, imperatore del Giappone, considerato divino fino al 1946.

La straordinarietà di questa storia risiede nel fatto che Yehoshùa, l'Uomo-Dio, non è un'imperatore ma un semplice falegname, un falegname che attraverso l'evangelico messaggio di umiltà e comunione, il messaggio di rinuncia al potere materiale ha trasformato il terribile dio etnico Yahveh in un Dio d'amore verso tutti i popoli.

Se uno vuol venire dietro di me prenda la sua croce e mi segua... infatti, che giovamento ha l'uomo se guadagna il mondo intero ma perde l'anima sua?” Matteo 6, 28-29.

Il soddisfacimento materiale può far perdere l'anima, il senso della vita. Una posizione di dominanza sulla Natura per il proprio soddisfacimento materiale e per il gusto del potere fa perdere all'Uomo la sua anima, che può essere ritrovata solo nel pieno inserimento nel flusso dinamico della vita, nelle relazioni esistenti nella biosfera.

L'inversione di tendenza quindi è la rinuncia alla superiorità e l'inserimento umile nel flusso della vita.

L'occidente in questo ha seguito più il padre di Francesco d'Assisi, mercante, che Francesco stesso.11

L'Uomo può scegliere il bene o il male, ed è per questo che la specie umana si è dotata di quel gioco linguistico, quella forma di vita12 a cui diamo il nome di Etica.

Hans Jonas13 ci parla della responsabilità etica che la specie umana ha nei confronti della vita stessa, dove il bene è che la vita continui, il male che la vita finisca, non la vita individuale ma la vita della biosfera nel suo complesso.

Non riusciremo a seppellire la Modernità e le sue mostruosità totalitarie e massificanti, l'uso dominante della tecnologia al servizio della economia e della finanza, finchè l'uomo non si prenderà la responsabilità di scegliere la vita ed evitare nella misura del possibile tutti gli atti che possano danneggiare la biosfera.

Il cambiamento dovrà essere graduale, dovrà essere una rivoluzione senza violenza, ma determinata, anche dolorosa perchè deve necessariamente comportare delle rinunce rispetto al nostro stile di vita occidentale.

D'altra parte l'uomo stesso potrebbe beneficiarne, in termini di salute, attraverso un'alimentazione più moderata e meno legata alla industria alimentare. Attraverso una vita più lenta e spirituale. 

E' suggerito dalla ricerca scientifica e dal paradigma PNEI (PsicoNeuroImmunoEndocrinologia) che in questo modo sarebbe possibile ridurre significativamente l'incidenza del cancro e delle malattie cardiocircolatorie, nonché l'incidenza delle nevrosi narcisistiche, delle nevrosi d'ansia e della depressione, quest'ultima legata a problemi di tipo infiammatorio.14

E' vero che dal punto di vista evoluzionistico la vita si è sempre nutrita della vita, animale o vegetale che sia. Questo è un punto ineludibile.

L'Uomo tuttavia, pur trattandosi di una specie fondamentalmente malvagia, ha possibilità di scegliere e quindi anche di promuovere la vita, ovvero il bene. 

In questo senso, la scelta vegetariana o, meglio ancora vegana, nel voler riconoscere lo statuto di individuo irripetibile, lo statuto di “soggetto di una vita15 agli animali abitualmente uccisi per scopo alimentare o pseudo-scientifico (pensando alla sperimentazione) costituisce un importante testimonianza, un baluardo in favore della vita, testimoniando la possibilità di rinunciare ad un piacere personale in funzione della possibilità che altri essere viventi possano continuare a compiere il ciclo della loro esistenza.

Uomini appartenenti alle opulente società Americane ed Euroasiatiche sono benissimo in grado di poter scegliere di escludere animali dalla propria dieta, attraverso la rinuncia ad un piacere meramente materiale.

Rispetto e promozione della vita, boicottaggio attivo degli allevamenti industriali, comportamenti ed acquisti eco-sostenibili, riconversione della tecnologia al servizio della biosfera, spiritualità e senso della sacralità della vita in tutte le sue manifestazioni, rivalutazione dei soggetti individuali rispetto al collettivismo della società di massa sono alcune linee guida di un umanità che voglia definitivamente seppellire la Modernità, soprattutto le sue derive violente e minacciose, per poter guardare oltre.

1Arnold J. Toynbee, “Mankind and Mother Earth”, Oxford University Press, 1976

2op. cit.

3Hans Jonas, “Il principio responsabilità”, Einaudi, 1979

4Pierre Hadot, “Il velo di Iside. Storia dell'idea di natura”, Einaudi, 2006

5Molte ha la vita forze tremende; eppure più dell'uomo nulla, vedi, è tremendo.
Va sul mare canuto nell'umido aspro vento, solcando turgidezze che s'affondano in gorghi sonori.
E la suprema fra gli dei, la Terra,
d'anno in anno egli affatica d'aratri sovvertitori e di cavalli preme tutta sommovendola.
E la famiglia lieve degli uccelli sereni insidia, insegue come le stirpi ferine, come il popolo subacqueo del mare,scaltro, spiegando le sue reti, l'uomo:
e vince, con frodi, vaghe pei monti le fiere del bosco:
stringe nel giogo, folta di criniera, la nuca del cavallo e il toro piega montano, infaticabile.
Diede a sé la parola, il pensiero ch'è come il vento, il vivere civile, e i modi d'evitare gli assalti dei cieli apertie l'umide tempeste nell'inospite gelo, a tutto armato l'uomo: che nulla inerme attende dal futuro.
Ade soltanto non potrà mai fuggire, se pur medita sempre nuovi rifugi a non domati mali.
Con l'ingegno che supera sempre l'immaginabile, ad ogni arte vigile, industre, egli si volge al male, ora al bene.
Se le leggi osserva della sua terra e la fede giurata agli Déi di sua gente, sé con la patria esalta;
un senza-patria è chi s'accosta, per la sua folle audacia, al male."

6Jorge Bergoglio, “Laudato Si'”, Piemme, 2015

7Non bisogna confondere totalitarismo con autoritarismo : i regimi Fascista, Nazista e Comunista furono autoritari, ma tutto il novecento nel suo complesso fu totalitario, ivi comprese le Democrazie Parlamentari: 
“Il concetto di totalitarismo di per sé rinvia a quei fenomeni di coinvolgimento “totale” degli individui e della società intera nei processi di trasformazione, mobilitazione o anche rinnovamento che possono essere visti come intrinseci alla modernità sin dalla rivoluzione francese. A quella lontana stagione rivoluzionaria … all'origine della nostra vicenda contemporanea.. possono essere fatti risalire anche altri aspetti totalitari della modernità...: il dominio dell'ideologia... la spinta disciplinare e pedagogica, l'affermazione contro le religioni storiche di una religiosità politica propria, non priva di elementi sacrali e rituali, e infine lo stesso esercizio della violenza che fu proprio del terrore giacobino.”  In: Raffaele Romanelli, “Novecento. Lezioni di Storia Contemporanea”, Pag. 129, Il Mulino, 2014.
Insomma, il totalitarismo così definito è proprio delle società di massa, ivi comprese le democrazie sociali e liberali che, peraltro, nel primo decennio degli anni 2000 non esitarono a violare direttamente i diritti umani e favorirne la violazione per “esportare la democrazia” e lo stile di vita e di consumo tipico dell'occidente.

8Flavia Conte (a cura di), “Conversazioni sul Postmoderno”, Mimesis, 2013

9op.cit.

10Pierre Teilhard de Chardin, “L'ambiente divino. Saggio di vita interiore.” Queriniana, 2009

11Arnold Toynbee, op. cit. pag. 30

12Ludwig Wittgenstein, “Ricerche Filosofiche”, Einaudi, 2009

13op.cit.

14Francesco Bottaccioli, “Meditazione, psiche e cervello”, Tecniche nuove, 2012


15Tom Regan, “Diritti Animali”, Garzanti, 1984

venerdì 15 gennaio 2016

Collettivismo e nevrosi del nostro tempo

Collettivismo e nevrosi del nostro tempo

Il Novecento, la tecnica ed il collettivo

Il Novecento è un secolo la cui lunga ombra si distende fino ai nostri giorni, non ancora epurati dai sui progressi, dai suoi guasti, dalle sue distruzioni.

E' interessante notare come ciascuna fase storica abbia le sue nevrosi caratteristiche. Il Novecento, che è il secolo del progresso, delle grandi macchine, delle masse collettive, del trionfo dell'Homo Faber sull'Homo Sapiens1, si apre con una guerra che rivoluziona totalmente il modo di combattere fino allora adottato dall'umanità: la Grande Guerra è il trionfo della tecnica sull'individuo.

Ora, l'artiglieria e la sua eccezionale potenza di fuoco rendevano il nemico invisibile e la morte collettiva, anonima, inesorabile (corsivo mio)”2. La morte anonima stroncava gli entusiasmi con i quali un'intera generazione, giovane, borghese, intellettuale e , per quanto riguarda l'Italia, intrisa di chimere e di fiamme risorgimentali ed irredentiste, aveva intrapreso con entusiasmo soggettivo l'impresa bellica: “In questo inferno, una generazione partita con entusiasmo sentì subito svanire l'idea della guerra come una gloriosa azione in cui far rifulgere eroismo, coraggio, iniziativa individuale.3

In questo terrificante anonimato collettivo la vana ricerca del “volto dell'altro”4 assumeva toni tragici e surreali quando, secondo il racconto di un anziano del posto che ebbi modo di incontrare durante una visita alle trincee nel Veneto, gli abitanti di Misurina, italiani, combattevano contro gli abitanti di Cortina, distante pochi chilometri, austriaci. Si combatteva spesso contro amici, parenti, colleghi; i contendenti, per lo più contadini ed allevatori, non parlavano né il tedesco né l'italiano. Parlavano Veneto. Negli intervalli tra un assalto e l'altro uscivano dalle trincee, distanti non più di 20-30 metri l'una dall'altra, e si scambiavano sigarette e grappa; per poi tornare in trincea e continuare un'assurda pantomima nella quale perdere la vita, se non durante un'assalto, era un caso legato ad un attimo di distrazione, di abbassamento delle difese dovuto alla noia. Ed in un attimo si poteva essere colpiti dal fucile nemico, stavolta anonimo, magari imbracciato dalla stessa persona con la quale ci si era scambiati la grappa il giorno prima, quando era possibile riconoscerne il volto.5

Nevrosi da guerra

E l'individuo, stroncato dalla terribile anonimità del proiettile proveniente dalla trincea opposta, spesso distante poche decine di metri, stroncato dalla insensatezza delle lunghe attese, dall'insensatezza degli assalti comandati per conquistare il nulla, quel piccolo pezzo di terra di nessuno tra le trincee, reso surreale dalla assenza di vegetazione6 e dalla presenza di cadaveri, crollava preda di nevrosi di guerra fino ad allora sconosciute.

Oggi conosciamo bene le nevrosi di guerra, dallo studio delle quali è partita la concettualizzazione del Disturbo da Stress Postraumatico PTSD, riscontrabile in quei casi in cui l'individuo va incontro a forti traumi, non necessariamente di origine bellica.

Durante la Grande Guerra ebbe inizio lo scontro dell'Individuo contro la Tecnica, che vide quest'ultima trionfante sino ai nostri giorni, nei quali la la Tecnica, longa manus della Finanza e del Potere, apparentemente in aiuto degli individui, rende oggetto e stupra la loro casa comune, una Natura sempre più debole, minacciando l'esistenza stessa della Biosfera.

Durante la Grande Guerra, “Erano... frequenti le esplosioni di follia, i deliri, l'autolesionismo, e poi i blocchi psicomotori, spasmi allucinazioni, paralisi, cecità, sordità e mutismo, e ancora depressione, regressioni animalesche, malinconia”7

Questi “malati non malati”, senza ferite evidenti, piuttosto che essere ospedalizzati e curati, scambiati per semplici codardi venivano gerarchicamente restituiti al fronte, per paura della renitenza.

Fu durante la seconda guerra mondiale, che proseguì e celebrò fino all'olocausto atomico il trionfo della tecnica sull'individuo, che le nevrosi di guerra furono finalmente riconosciute e curate.

Wilfred Bion, psicoanalista e teorico della psicoanalisi, le cui teorie furono fondamentali per il pensiero psicoanalitico dal dopoguerra fino ad'oggi, iniziò a lavorare come Psichiatra con le persone afflitte da nevrosi di guerra: a partire da questa esperienza sviluppò le sue monumentali teorie sulla dinamica dei gruppi.8

Il Postmoderno e le sue patologie

Ed oggi? Il Collettivo spersonalizzante permane, spogliato però dai grandi sistemi ideologici che di quel collettivo furono il veicolo: Democrazia Parlamentare Rappresentativa, Totalitarismo Comunista, Totalitarismo Fascista. E' il Postmoderno descritto da Lyotard9, nel quale si assiste al crollo dei grandi sistemi di riferimento.

Per parafrasare il grande maestro Woody Allen: “Il Totalitarismo Fascista è morto, il Totalitarismo Comunista è morto, ed anche la Democrazia Parlamentare Rappresentativa, ultima sopravissuta del Novecento, non si sente bene”.

Nel vuoto dei riferimenti ideologici e religiosi, in un epoca in cui la Modernità Illuminista ha destituito il Sacro riducendolo ad un racconto per bambini oppure a superstizioni con cui nutrire ingenui ed anime semplici, il Collettivo del '900 è rimasto intatto e terrificante.

Il Collettivo è deducibile anche dalla semantica in uso corrente, secondo la quale i principali soggetti degli eventi occorrenti non sono persone, individui identificabili ma soggetti collettivi come: Mercati, Finanza, Economia, Sindacati, Partiti, Istituzioni, Imprenditori, Lavoratori, Elettori, Borghesi, Migranti, Proletari, Capitalisti, Democrazia, Parlamento, Commissioni, Tavoli, Stati Generali, Stake-holders, Consiglio dei Ministri, Agenzia delle Entrate, Borse, Banche, Massoneria, Stato, Mafia.

Sappiamo quanto sia difficile e quanto possa rivelarsi inutile aspettarsi di interloquire con Individui Responsabili quando ci rapportiamo alla Pubblica Amministrazione, più sgherri del Collettivo, guardiani del Castello10 ,che funzionari in servizio per i cittadini.

Viene da chiedersi quanto possano essere fallaci e paranoiche le ipotesi riguardanti l'esistenza di un Gran Burattinaio che manovra nascosto dietro le quinte o quanto piuttosto, ipotesi vieppiù terrificante, che gli eventi siano condizionati da un sistema basato sul Collettivismo e l'Anomimato... che l'individuo non si scontri con altri individui, pur potentissimi ed occulti, ma si scontri con un intero sistema basato sul collettivismo e l'anonimato, un po' come la Mano Invisibile pensata dall'economista inglese Adam Smith11, null'altro che una funzione di autoregolazione di un sistema autoreferenziale e negativamente entropico.

L'era del Narciso dipendente

Nella nostra epoca, in reazione alla caduta postmoderna delle ideologie ed al collettivismo dominante, gli individui riconvertono l'investimento libidico, originariamente destinato al mondo esterno, sul proprio Sè, originando nevrosi di tipo narcisistico12 e dipendenze patologiche.

L'iperinvestimento del sé, il vivere in mondi fantastici, pretendere di abitare i castelli in aria che abbiamo costruito, spesso è una reazione al sentire che la nostra possibilità di incidere sul mondo è scarsa.

Questo fenomeno ricade purtroppo sulle giovani generazioni, ipereducati, iperqualificati, con aspettative altissime, ma spesso increduli ed impotenti rispetto alle vere e durissime regole del gioco.

Qualcuno si salva grazie alla rete di relazioni familiari, altri vedono spezzarsi i sogni sulla barriera del collettivismo, della antimeritocrazia, una barriera sulla quale il collettivismo infrange la responsabilità soggettiva, individuale.

Iperinvestire il a scapito della realtà esterna. Negare la propria fragilità sul piano affettivo e la difficoltà di creare legami intersoggettivi importanti e duraturi, quindi rivolgersi in maniera massiccia, egosintonica e culturalmente accettata, verso l'uso di sostanze ed altre forme di dipendenza, alimentare, gioco d'azzardo, shopping compulsivo.

Tutto, purchè si possa eccitare il nostro sistema di ricerca mediato dalla Dopamina, però come in un gioco, senza incidere minimamente sul Collettivo con il quale non ci possiamo scontrare, che non possiamo sovvertire.


Rebel Rebel, omaggio al Duca Bianco

Quali antidoti? Dalla disobbedienza civile di Thoreau13, dai vagabondaggi di Keruack,14 alle rivoluzioni di Steve Jobs15 e Mark Zuckenberg, che ribaltano il rapporto di dominanza della Tecnologia sull'uomo e la riportano al servizio del soggetto e della intersoggettività, passando per Gregory Bateson16 ed il suo concetto di Struttura che cancella la separazione introdotta dalla Modernità tra uomo e natura, tra soggetto ed oggetto, per arrivare al monumentale magistero che Jorge Bergoglio ha espresso nella sua Enciclica Laudato sì17 , passando per Mitnick18 e tutto il movimento Hacker White-Hat volto a scardinare il monopolio anonimo della conoscenza per metterla a disposizione di tutti coloro che, attraverso il web possono recuperare la loro soggettività.

Accostamenti arditi, improbabili, voglia di “individuo collegato con altri individui”, voglia di rivoluzione intersoggettiva che si esprime, contro il collettivo, in maniera ancora confusa attraverso l'accesso facilitato alla intersoggettività del web 2.0, attraverso i social media, anche attraverso l'apparentemente banale voglia di selfie, che mettono il proprio volto a disposizione di altri volti, attraverso la disobbedienza civile, attraverso lo sviluppo di nuove forme di empatia verso i poveri del terzo millennio, verso la natura stuprata, verso gli animali ridotti a cose... voglia di costruire nuovi modelli di convivenza in microcomunità fondate sulla dimensione intersoggettiva, sul rapporto tra soggetti piuttosto che sul rapporto tra un soggetto ed i suoi oggetti...  voglia di disobbedienza, di ribellione...

Lasciamoci quindi sulle note del Duca... ciao David, continua a ribellarti con noi...



1Hans Jonas, Il Principio Responsabilità, Einaudi, 1979
2Raffaele Romanelli, Novecento. Lezioni di Storia Contemporanea. p. 10 Il Mulino, 2014
3Raffaele Romanelli, ibidem
4Emanuel Lèvinas “Totalità ed infinito”. Jaca Book, 1983
5Ernst Junger, Tempeste d'acciaio
6Ernst Junger, ibidem
7Raffaele Romanelli, ibidem
8Wilfred Bion, Esperienze nei gruppi, Armando, 1997
9Flavia Conte (ed.), Conversazioni sul Postmoderno, Mimesis, 2013
10Franz Kafka, Il Castello, Garzanti, 1991
11 Adam Smith, La ricchezza delle nazioni, Newton Compton, 1976
12Luigi Turinese, L'anima errante: variazioni su Narciso, Flower, 2013
13Henry Thoreau, Walden, ovvero vita nei boschi, BUR, 1998
14Jack Kerouac, I Vagabondi del Dharma, Mondadori, 1968
15Walter Isaacson, Steve Jobs, Simon & Schuster, 2011
16Gregory Bateson, Mente e Natura, Adelphi , 1984
17Jorge Bergoglio, Laudato sì, Piemme, 2015

18Kevin Mitnick, L'arte dell'intrusione, Feltrinelli, 2005