Ieri sera su Sky è andato in onda l'ultimo episodio della fiction che ricostruisce la storia della banda della Magliana: affioravano ricordi ed emozioni, impressioni ed odori, disgusto, rabbia e compassione (più nel senso buddhista che nel senso cristiano). Ho lavorato per 12 anni per una organizzazione del terzo settore che, sin dal 1980, come scritto nel suo incipit, è stata presente su un territorio molto difficile, una Roma particolare: Magliana '80, questo il nome dell'organizzazione, è sorta negli anni in cui l'eroina si andava diffondendo come una pandemia, non lasciando integro nessuno: tutti noi di quella generazione a Roma ne siamo stati toccati, se non direttamente attraverso la devastazione di un caro amico, di un conoscente, del ragazzo o ragazza del palazzo di fronte. Mi occupo di tossicodipendenze da appena laureato, il 25 dicembre 1979 facevo il primo turno di lavoro retribuito in una comunità terapeutica. La banda della Magliana spinse l'eroina, iniziando dai quartieri popolari di Roma Sud. La Magliana è un quartiere popolare costruito in un'ansa del Tevere sotto il livello del fiume, regalo della edilizia popolare e speculativa degli anni '50/60, oggi abitato da un ceto popolare ed impiegatizio. Lavorando a Magliana ho potuto assaporare e poi apprezzare un modo di lavorare molto vicino alla gente, un approccio che non richiede la volontà di smettere come presupposto per potersi curare. Lasciare la dipendenza dalle droghe può essere l'ultima tappa di un cammino lungo, fatto si saliscendi, di vie laterali spesso dolorose ed impraticabili.. queste persone hanno bisogno di qualcuno che li accompagni su queste strade spesso piene di fango, aiutandoli a mantenere uno stato di salute accettabile, a delinquere di meno, talvolta a non morire, in attesa che il tempo e le buone relazioni trovate lungo il cammino possano portare al definitivo abbandono di abitudini così negativamente condizionanti.
Lungo questa strada ho raccolto delle storie, narrate da giovani colleghi o da ex tossicodipendenti che hanno accompagnato tante persone, tante ne hanno viste morire e tante rivivere, tante sono ancora nel guado, ma vive. Le storie sono raccolte in un volume dal titolo "Storie di strada", Arion edizioni, Roma.
Oggi vorrei condividere con voi una di queste storie...
Marco scende Via dell'Impruneta col vento contrario che gli frusta il viso e gli alza i lembi della giacca.
Oggi nella mano destra stringe il guinzaglio che a sua volta stringe il collo della piccola Nefri.
Arriva a Via della Magliana, la attraversa, di sbieco tra le macchine che inchiodano e gli autisti che lo mandano a fare in culo.
Si ferma all’ incrocio. Al semaforo, lo vedo da lontano togliersi gli occhiali per grattarsi ferocemente la faccia.
Entra dinoccolato nel parcheggio e non ben fermo sulle gambe inveisce con i magrebini seduti sul muretto.
Si stanca subito, viene al camper e mette la testa dentro.
“Stamattina ho dato n’ a cortellata an pezzo de merda.......... “
“ Ma va’ ....“
“ Nefri pisciava dietro a un banco chiuso, a via Fauglia. Sto cazzo de vecchio de merda passa, sputa per terra. A vecchio de merda, je faccio, non lo vedi che faccia che c’hai, che te fa schifo er cane?...... No, me fai schifo te, me fa.... “
Tira fuori un coltello, uno dei tanti.
“ij’ ho dato n’a cortellata ‘n panza e so’ scappato, tra ‘n pò senti ‘e sirene “
“ Fà n’a cosa, pija il metadone e vattene “ Gli rispondo.
Ripone il coltello si sporge ancora di più all’ interno del camper.
“ Dottoressa, dottoressa mia dove sei ?“
“ Eccomi sto qua “ gli risponde il dottore.
“ Chi ti si e’ mai inculato a te...... vojio la dottoressa mia “
“ Non c’e’ più la dottoressa tua Marco, lo sai “ Gli risponde l’infermiera
“ Saranno quattro mesi che non viene più e tu ancora l’aspetti “
“ Pure te, fatte li cazzi tua e prepara sessanta che sto a rota “
Io mi alzo, mi accendo una sigaretta e scendo dal camper spostando Marco da una parte.
Gli tolgo il guinzaglio dalle mani e gli dico di salire che Nefri la tengo io.
Mentre Marco sale sul camper nel parcheggio entrano tre motorini : sul primo ci sono Loredana e Meo poi Terenzio e Claudio e per ultimi Giustina e Boccuccia .
Si fermano a ad una ventina di metri, scendono dai motorini. Giustina e Loredana alzano lentamente una mano in cenno di saluto.
Sto fuori dal camper, fermo con in mano il guinzaglio.
Nefri pure con il guinzaglio al collo sta ferma, ad eccezione della coda.
Il vento si é fermato e subito piove, piano.
I ragazzi vicino ai motorini si alzano i cappucci dei K- Way .
Si é fatto più buio, dal mare arrivano nuvole nere.
Bene , giornatella pesante, pesante, pesante.
Da dentro il camper mi arrivano gli strilli dell’ infermiera.
“ Che caspita Marco tutte le volte però. Non é possibile “
Lego Nefri alla maniglia dello sportello e salgo.
“ Sta ferma te pulisco io, sta ferma “ urla Marco avvicinandosi alla sventurata .
“ Marco scendi dal camper per favore. Scusi dottore riprepara la terapia di Marco cosi se la beve fuori “ Faccio io da dietro.
“ Sempre con quelle braccia sempre . Vorrei sapere perché non stai una volta fermo con le braccia “ Si lamenta l’ infermiera mentre pazientemente si asciuga il vestito con un pezzo di carta.
Marco si gira verso di me, si toglie gli occhiali.
Gli occhi di Marco sono impensabili. La carne stessa a loro intorno é come avvitata, contorta, in fondo c’é la luce della follia. Follia indotta dall’ abuso di tutte le sostanze tutte assieme.
“ A fraté, mica l’ho fatto apposta... “ Mi risponde spalancando velocemente le braccia e andando ad urtare il medico che stava cercando di salvare le schede dal metadone versato.
“ Ti prego Marco, scendi dal camper “
Qualcosa nella mia faccia gli fa effetto. Scende.
Meno male che scende, oggi sto pure solo, cò sto tempo de merda.
Con la coda dell’ occhio vedo Giustina che si avvicina e s’ abbassa per fare una carezza a Nefri.
Stamattina sta su dei zatteroni altissimi , viola bordati di metallo. Alza la testa e mi sorride.
“ Ciao cì “
“ Ciao Giustì “
“ Ha’ visto che schifo de tempo ? mì marito sta a fà le consegne cor motorino , é proprio bbravo, lavora proprio. A proposito é già venuto mì marito? “
“ Chi é tu marito Giustì ?“
“ S,i ciao..... fatte n’antra lallera. Come chi é mì marito, mò n’sai chi é mi marito ? “
E ride. Sembra un altra quando ride.
“ Perché sentiamo ti risulta che io qui sto a dare informazione alle donne tossiche che si perdono i mariti ? “
“ Ma sentilo sto scrauso.DONNE TOSSICHE. Ma te sei visto che capoccia che c’ hai.
No, nun é vero, bello de casa, nun cell’ hai grossa “ Mi dice mentre alza il braccio per farmi una carezza .
Anche io le sorrido.
Giustina sale faticosamente sul camper e si avvicina Loredana.
“ Ciao Marcè “
“ Ciao Lory “
“ C’ é solo l’ amica mia sopra ? “
“ Si c’ é solo Giustina “
“ E allora fammé montà , che devo chiede al dottore n’a cosa pure pé lei. “
“ E monta chi t’ha detto niente “
Fa per salire ma guarda dentro e torna indietro.
“ Madonna mia c’ é il dottore cacacazzi . No non é che é cacacazzi, è che non capisce proprio un cazzo. “
“ E lo so “ le rispondo mentre tengo d’occhio i ragazzi li vicino . Si sono fatti tutti intorno a un quarto motorino , non l’ ho sentito arrivare e adesso non ne scorgo il proprietario.
“ Senti glielo dici tu se mi fanno la consegna . Eh ? Marcè, diglielo te fammi la cortesia . Non me ce fà parlà a me senno ce litigo “
“ Di che consegna parli , Loredà? “
“ Come che consegna . La consegna, la consegna .”
“ Ho capito la consegna. E perché te dovrebbero da’ ‘ sta consegna? “
Si imposta, tira dentro tutto il fiato che può e attacca la solita : che lavora, e non é vero un cazzo, che é malata , e questo magari é vero, che abita lontano e non c’ ha la macchina , e pure questo non é vero un cazzo , che c’ ha due creature.
Qui la stoppo.
“ Ferma Loredana ascolta . Non li leggi i giornali ? E’ morta una ragazzina su a Modena e altri due, non so dove, sono gravemente intossicati . Intossicati col metadone che la madre aveva lasciato poggiato da qualche parte .”
“ A si ? “ Mi fa. Deve aver preso un cazzotto in faccia perché ha un occhio nero fresco fresco. Pure la guancia dall’altra parte dell’occhio é tutta graffiata e livida.
Ci scansiamo per far scendere Giustina che ancora sorride.
“ Ciao amò “
“ Ciao “
Si allontana sui trampoli e raggiunge gli altri sempre intorno al motorino sconosciuto.
“ Capito come Loredà “ Le faccio.
“ Capito come , che ? “
“ Dico lo sai con chi devi parlare no? Telefoni al Sert, parli col medico responsabile e lui ti dice “
“ Ho capito, sete bravi. Tutti bravi. Oh, io nun chiedo mai un cazzo. A tutti sti buciardi infami je dite sempre si”
La guardo bene sotto i lividi, sta pure a rota, le goccia il naso e si vede che c’ha la pressione alta. Chiude gli occhi . Leggermente trema . Si scosta i capelli umidi dal viso pallido e gonfio. Piange.
“ Non ce la faccio più davvero Marcè “
“ Che succede ? “
“ Che succede. Niente succede é tutto finito. Che dici te, io me ne rendo conto come sto? O no?“
“ Non sono sicuro, non sempre “
Le guardo la manica del rennino bagnata e la sua mano che ne esce gonfia , rossa. Non mi piace molto guardarla in faccia. Sembra come se tutte le parole le si ammassino in bocca incastrate.
“ Sto fuori casa stanotte ho dormito a Villa. Io, capito io, ho dormito a Villa. Io ce l’ho avuta sempre n’a casa. Tu lo sai bene. “
“ All’occhio che hai fatto?“ Le chiedo accendendomi una sigaretta.
“ Che ho fatto all’occhio ? che ho fatto all’occhio ? Ho fatto che c’ho trent’anni e sto alla frutta. Anzi ho finito pure quella . “
“ E perché stai fuori casa si può sapere ? “
“ Perché la gente é cattiva, ecco perché . Fino a che c’hai qualcosa che ti possono succhiare a posto, poi affanculo “
“ Occhei, ho capito, la consegna però che c’entra , stai qui prendi il metadone e stop.”
“ Per domani Marcello, il metadone é per domani “ Mi risponde asciugandosi gli occhi con il dorso della mano .
“ Dai parlace te, famme sta cosa “
“ Non mi sembra una buona idea, fai così sali e chiedi le cose educatamente e senza balbettare o cosa , gli spieghi tutto: il lavoro la macchina i soldi e le creature... tranquilla.......“
Loredana sale mentre la pioggerella é cessata e si rialza il vento da Ovest, mentre Marco e Nefri ritornano da Est, e i ragazzi a Nord, ridono . Forte.
“ Me dai un bicchiere d’ acqua Armmà “ Mi fa Marco.
“ Si “
“ E’ pe fa beve la piccoletta che je do tutti baci in bocca e je lecco pure la fica e poi la pettino .”
“ Si te lo dò subito, aspetta “
Salgo sul camper , con la coda dell’occhio seguo Marco che ruota le braccia a bocca aperta, davanti a me Lory , la sento argomentare col Dottore a proposito del Gemelli per un ricovero. Chiedo permesso, prendo un bicchiere lo riempio e lo passo dal finestrone.
“ Marco tieni l’acqua “
“ Eecco Neefri eecco l’aacqua seenti chee freesca. “
Alza il braccio e urta il bicchiere versandoselo tutto sulla spalla e nel collo .
“ Attento Armmà mannaggia Cristo “
Riempio un’altro bicchiere al volo e scendo .
“ Guarda lo poggio qui per terra cosi può bere “
Adesso sta fermo con le braccia strette al corpo come avesse la camicia di forza, la testa piegata di lato la bocca aperta e gli occhiali sulla punta del naso.
Anche la cagna ha la bocca aperta non scodinzola però e ha le orecchie diritte .
“ Tu nun te chiami Armando “
“ A no ? e come mi chiamo allora “ Gli rispondo avvicinandomi piano.
“ Evaristo te chiami “
“ S,i cojone sinistro “
“ Hiaa hiiaaa hiiiaaaa hi ha - nitrisce mentre una bolla di muco gli scoppia sulla narice - n’do sta la tarpetta, André ? “
“ Chi sarebbe sta tarpetta ? “
“ La talpa , la talpa di Lupo Alberto er collega tuo no ? “
“ Ah ho capito , sì , lavora a Ostia “
“ E bravo pure lui “
“ Si é bravo. Dai fai bere Nefri “
“ A cì devo anna giù n'sede a parlà cò a psicologa. Ce sta mò Germana giù ? “
“ Prova può essere “
“ Si me pari prova po' esse, n’c’ho n’ cazzo da fà io nevvé ? Fà n’a cosa pia er cellulare e chiama , senti se c’é “
“ Falla te una cosa guarda se te poi sbrigà a n’attene “ Gli rispondo. Rido.
Gli metto una mano sulla spalla.
“ Attento Gerà che sò cintura nera. Leva sta mano “ Sorride.
“ Fai il bravo Marco dai che é n’a giornataccia “
Mi giro giusto in tempo per vedere i ragazzi dei motorini avvicinarsi tutti insieme al Camper , a parte Giustina che rimane seduta sul motorino di Boccuccia a fumare.
Torno indietro , saluto Meo mentre sale.
“ Ciao proprio a te cercavo - mi fa Terenzio levandosi il cappuccio della felpa - l’hai sentiti quelli , quelli del lavoro “
“ No “
“ E quando li senti ? avevi detto che ce parlavi. “
“ Ci parlo non ti preoccupare “
Sale anche lui.
Un debole raggio luce rimbalza sui cofani bagnati delle auto, sui vetri del camper e negli occhi dei ragazzi . Sono arrivati in silenzio tutti insieme da direzioni diverse.
Anonimo KB, Lefi, Mario e Gianni sulla moto, Valentina , Anna e Vincenzo e poi lontano tutta la tribù Hurstic invade con i colori delle donne l’intero parcheggio.
Non mi piace tanto quando c’é tanta gente.
Non mi piace tanto quando lavoro solo.
Non mi piace tanto che i ragazzi capiscano che non mi piace.
Faccio capolino dentro e do un’occhiata alle cosce dell’infermiera .
Quelle mi piacciono. Una cifra mi piacciono.
In qualche modo un povero cristo si deve pure tirare sù, diciamocelo , alle volte la vita e grama, ma grama davvero.
Prendete me, sto in mezzo una strada alle intemperie. Intorno, un esercito di reietti morituri con cui dover fare del mio vizio virtù. Lavoro subito e mi pagano poi.
Le cosce dell’infermiera le posso pure guardare quello si ma non mi sembra il tipo lei da farcisi mettere le mani in mezzo per non dire altro da un EX.
EX,EX,EX,EX, un grido da stadio col braccio teso.
Oppure : scusa, tu sei un ex.
No sono un box.
In che senso scusa, un box per cosa ?.
No per cosa. Di cosa semmai, di cosa. Cara la mia bella infermiera. Di cosa.
Scusa che intendi per box di cosa. Di cosa é fatto il box.
Nemmeno. Intendo un box chiuso . Esempio un box per auto é per auto perché loro ci entrano e ci escono ci entrano e ci escono . Se ci stessero sempre dentro sarebbe un box Di auto. O no?
Fine del discorso. Conclusione : con certe persone non puoi andare più in là di semplici parole vuote.
O meglio un povero cristo ce la deve pure avere una via di fuga. Io l’ho avuta.
E l’ho usata. Niente gli ho detto all’infermieruccia. Niente. E niente nemmeno gli dirò.
Me sta pure sur cazzo . Giuro, me sta sur cazzo.
Parla, parla, parla, l’infermiera : del primo marito medico non so cosa, del secondo medico cardiologo, di tutti i viaggi di tutta la sua vita, di tutti i vaccini fatti per poterli fare, di tutto quello che ha mangiato , ma soprattutto che non ha mangiato in tutti questi cazzo di posti esotici.
Io la ascolto adesso con la coda dell’orecchio mentre la sfuriata di gente è finita.
Qualcuno é rimasto più in là a fumare e a ridere, sul camper c’é solo Anonimo 7-49 con tutto il suo peso fisico e morale ad assumere i suoi 30 cc di metadone fissi.