venerdì 24 dicembre 2010

Notte Magica, Notte Tossica...



Come on now try and understand The way I feel when I’m in you hands
Take me now as the sun descends They can’t hurt you now
Patty Smith Because the Night.

E io son vuoto anche del mio terrore. Non ho più senso. Conosco una morte che forse nessun altro figliolo di donna potrà mai conoscere.
Gabriele D’Annunzio, “Notturno”.


Siamo tutti in attesa di una Notte magica, la Notte più importante dell'anno, la Notte in cui si celebrava l'antica festa celtica del solstizio d'inverno, quando la luce torna finalmente sui nostri volti e nei nostri cuori, le giornate si allungano e la natura piano piano torna a quella vita che poi esploderà nella primavera. La rinascita della vita della natura nella tradizione cristiana occidentale è diventata la Nascita di Colui che ci salverà. Questa Notte saremo tutti riuniti nel calore dei nostri affetti per scacciare l'inverno, le privazioni, il buio, ed è proprio la Notte il momento di maggior calore affettivo, il momento del "noi". 
Per molti la Notte, nemmeno "questa" Notte, può avere questo senso: sono le notti vissute nell'emarginazione e nella "tossicità" dell'assunzione di sostanze, che rende ogni giorno ed ogni notte uguale all'altra, piena al tempo stesso di disperazione e di anestesia chimica. 
Ho passato anni a supervisionare il lavoro nel centro notturno di pronta accoglienza della cooperativa Magliana '80, nel cuore dell'omonimo e ben noto quartiere di Roma... anche qui ho raccolte delle storie che potrò condividere con voi... in questi centri notturni di pronta accoglienza, dove si offre un primo contenimento ed una pausa momentanea dalla strada, le notti più significative erano proprio quelle di festa.
 La notte nella mitologia greca era la figlia del Caos e madre sia di Hipnos il sonno che di Tanatos la morte.
Il naturale accostamento tra sonno e morte rende talvolta così difficile abbandonarsi al riposo ed alla reintegrazione. La notte attraverso il sonno ci consente di regredire, di tornare verso quell’abbraccio caldo ed avvolgente da cui proveniamo, il ventre materno; durante la notte torniamo dentro noi stessi, attraverso i sogni.
La notte è il simbolo del tempo, delle gestazioni, delle germinazioni, delle cospirazioni che risplenderanno in manifestazioni di vita”. (Chevalier, Gheerbrant, “Dizionario dei Simboli”, Rizzoli, 1986.). La notte quindi è il luogo della regressione, in cui l’Io cosciente può finalmente abbandonare il controllo e navigare tra infiniti significati, godendo e traendo energia dal senso di contenimento che la notte offre, retaggio e memoria sensoriale dell’holding materno, delle braccia e del seno caldo che ci ha contenuto e coccolato.
Springsteen e Patty Smith cantano la notte: “Ora vieni, prova e capisci come mi sento quando sono nelle tua braccia, prendimi ora mentre il sole scende, ora non possono farti del male”.
La notte, lungi dall’esser un luogo solitario, è piuttosto il luogo dove la relazione si fa intensa, intima condivisa, il luogo in cui “la coppia” protegge dal persecutore esterno.
La notte però nasconde un secondo aspetto, inscindibile: la notte, figlia del caos, genera la morte: potremmo dire che, quando l’esperienza di re-integrazione attraverso una relazione intima e condivisa fallisce, la notte diventa il luogo della perdita di senso, il luogo dell’emergere di mostri ed incubi, il luogo della angoscia che frammenta il senso di Sé e lo disperde in mille rivoli.
E’ noto che molti suicidi avvengono alle prime luci dell’alba, quando la notte che abbia fallito la sua funzione reintegrativa ha fatto oramai scempio di un Sé indebolito proponendogli i peggiori mostri e facendogli vedere la vita attiva, la giornata, in un modo talmente deformato in senso persecutorio che talvolta, alle prime luci dell’alba, la vita diventa inaffrontabile.
Gli operatori dei centri di pronta accoglienza per le tossicodipendenze offrono un'alternativa a questa inaffrontabilità, celebrano Hypnos, ma per poterlo fare devono continuamente confrontarsi con le difficoltà proposte da Tanatos, ovvero con la parte distruttiva ed irregolare che gli ospiti dei centri presentano. Lo narrerò attraverso le storie raccolte.
 In questa Notte il mio pensiero ed il mio augurio va a tutti gli ospiti di questi centri ed a tutti gli operatori che hanno scelto di passare questa Notte a garantire un contenimento, una relazione significativa a tante persone in difficoltà.
                                                                       

venerdì 17 dicembre 2010

Magliana e dintorni...

Ieri sera su Sky è andato in onda l'ultimo episodio della fiction che ricostruisce la storia della banda della Magliana: affioravano ricordi ed emozioni, impressioni ed odori, disgusto, rabbia e compassione (più nel senso buddhista che nel senso cristiano). Ho lavorato per 12 anni per una organizzazione del terzo settore che, sin dal 1980, come scritto nel suo incipit, è stata presente su un territorio molto difficile, una Roma particolare: Magliana '80, questo il nome dell'organizzazione, è sorta negli anni in cui l'eroina si andava diffondendo come una pandemia, non lasciando integro nessuno: tutti noi di quella generazione a Roma ne siamo stati toccati, se non direttamente attraverso la devastazione di un caro amico, di un conoscente, del ragazzo o ragazza del palazzo di fronte. Mi occupo di tossicodipendenze da appena laureato, il 25 dicembre 1979 facevo il primo turno di lavoro retribuito in una comunità terapeutica. La banda della Magliana spinse l'eroina, iniziando dai quartieri popolari di Roma Sud. La Magliana è un quartiere popolare costruito in un'ansa del Tevere sotto il livello del fiume, regalo della edilizia popolare e speculativa degli anni '50/60, oggi abitato da un ceto popolare ed impiegatizio. Lavorando a Magliana ho potuto assaporare e poi apprezzare un modo di lavorare molto vicino alla gente, un approccio che non richiede la volontà di smettere come presupposto per potersi curare. Lasciare la dipendenza dalle droghe può essere l'ultima tappa di un cammino lungo, fatto si saliscendi, di vie laterali spesso dolorose ed impraticabili.. queste persone hanno bisogno di qualcuno che li accompagni su queste strade spesso piene di fango, aiutandoli a mantenere uno stato di salute accettabile, a delinquere di meno, talvolta a non morire, in attesa che il tempo e le buone relazioni trovate lungo il cammino possano portare al definitivo abbandono di abitudini così negativamente condizionanti.
Lungo questa strada ho raccolto delle storie, narrate da giovani colleghi o da ex tossicodipendenti che hanno accompagnato tante persone, tante ne hanno viste morire e tante rivivere, tante sono ancora nel guado, ma vive. Le storie sono raccolte in un volume dal titolo "Storie di strada", Arion edizioni, Roma.
Oggi vorrei condividere con voi una di queste storie...


Marco scende  Via dell'Impruneta col vento contrario che gli frusta il viso e gli alza i lembi della giacca.
Oggi nella mano destra stringe il guinzaglio  che  a sua volta stringe il collo della piccola Nefri.
Arriva a Via della Magliana, la attraversa, di sbieco tra le macchine  che  inchiodano e gli autisti che lo mandano a fare in culo.
Si ferma all’ incrocio. Al semaforo, lo vedo da lontano togliersi gli occhiali per grattarsi ferocemente   la faccia.
Entra dinoccolato nel parcheggio e non ben fermo sulle gambe inveisce  con i  magrebini seduti sul muretto.
Si stanca subito, viene al camper  e mette  la testa dentro.
Stamattina ho dato  n’ a cortellata  an pezzo de merda.......... “
Ma va’ ....“
Nefri pisciava  dietro a un banco chiuso, a via Fauglia. Sto cazzo  de vecchio de merda  passa, sputa per terra. A vecchio de merda,  je faccio,  non lo vedi che faccia che c’hai, che te fa schifo er cane?...... No, me fai schifo te, me fa.... “
Tira fuori un coltello,  uno dei tanti.
ij’ ho dato n’a cortellata ‘n panza e so’ scappato, tra ‘n pò senti ‘e sirene “
Fà n’a cosa, pija il metadone  e vattene “ Gli rispondo.
Ripone  il coltello si sporge ancora di più all’ interno del camper.
Dottoressa,  dottoressa  mia dove sei ?“
Eccomi sto qua “  gli risponde il dottore.
Chi ti si e’ mai inculato a  te...... vojio la dottoressa mia “
Non c’e’ più la dottoressa tua Marco, lo sai “ Gli  risponde  l’infermiera
Saranno  quattro  mesi che non viene più e tu ancora l’aspetti  “
Pure te,  fatte li cazzi tua  e prepara  sessanta che sto a rota “
Io mi alzo, mi accendo  una sigaretta e scendo  dal camper  spostando Marco da una parte.
Gli tolgo il guinzaglio  dalle mani e gli dico di salire che Nefri la tengo  io.
Mentre  Marco sale sul camper  nel parcheggio  entrano  tre motorini : sul primo ci sono Loredana e Meo  poi Terenzio e  Claudio  e per ultimi  Giustina e Boccuccia .
Si fermano a ad una ventina di metri, scendono dai motorini. Giustina e Loredana alzano lentamente una mano in cenno di saluto.
Sto fuori dal camper, fermo con in mano il guinzaglio.
Nefri pure  con il guinzaglio al  collo  sta ferma, ad eccezione   della  coda.
Il vento si é fermato  e subito piove, piano.
I ragazzi vicino ai motorini  si alzano  i  cappucci  dei  K- Way .
Si é fatto più buio, dal mare arrivano  nuvole nere.
Bene , giornatella  pesante,  pesante,  pesante.
Da dentro il camper  mi arrivano gli strilli  dell’ infermiera.
Che caspita Marco  tutte le volte però. Non  é possibile  “
Lego Nefri alla maniglia dello sportello  e salgo.
Sta ferma te pulisco  io, sta ferma “  urla Marco  avvicinandosi  alla  sventurata .
Marco  scendi dal camper  per favore. Scusi dottore riprepara  la  terapia di Marco cosi se la beve fuori “ Faccio io da dietro.
Sempre  con quelle braccia sempre . Vorrei sapere perché non stai una volta fermo con le braccia “  Si lamenta l’ infermiera  mentre  pazientemente  si asciuga  il vestito con un pezzo di carta.
Marco si gira verso di me, si toglie gli occhiali.
Gli occhi di Marco sono impensabili. La carne stessa a loro intorno é come  avvitata, contorta, in fondo c’é la luce della follia. Follia indotta dall’ abuso di tutte le sostanze  tutte assieme.
A fraté, mica  l’ho fatto apposta... “ Mi risponde spalancando velocemente le braccia e  andando  ad  urtare  il medico che stava cercando di salvare  le schede dal metadone versato.
Ti prego Marco, scendi dal camper  “
Qualcosa nella mia faccia  gli fa effetto. Scende.
Meno male che scende,  oggi sto pure solo, cò sto tempo de merda. 
Con la coda dell’ occhio  vedo Giustina che si avvicina e s’ abbassa per fare una carezza a Nefri.
Stamattina  sta su  dei zatteroni  altissimi , viola bordati di metallo. Alza la testa e mi sorride.
Ciao cì “
Ciao  Giustì “
Ha’ visto che schifo de tempo  ?  mì marito sta a fà le consegne cor motorino , é proprio bbravo, lavora proprio. A proposito  é già venuto  mì marito?  “
Chi é tu marito  Giustì ?“
“  S,i ciao..... fatte n’antra  lallera. Come chi é mì marito,  mò n’sai chi  é mi marito  ? “
E ride. Sembra un altra quando ride.
Perché sentiamo ti risulta  che io qui sto a dare informazione alle donne tossiche che si perdono i mariti ? “
Ma sentilo sto scrauso.DONNE TOSSICHE. Ma te sei visto che capoccia  che c’ hai.
No, nun é vero, bello  de casa, nun cell’ hai grossa “ Mi dice mentre alza il braccio per farmi una carezza .
Anche  io le sorrido.
Giustina sale faticosamente sul camper  e si avvicina Loredana.
Ciao  Marcè “
Ciao  Lory  “
C’ é solo l’ amica mia sopra ? “
Si c’ é solo Giustina “
E allora fammé montà , che devo chiede al dottore  n’a cosa pure pé lei. “
E monta  chi t’ha detto niente  “
Fa per salire ma guarda dentro  e torna indietro.
Madonna  mia c’ é il dottore  cacacazzi . No non é che é cacacazzi, è che non capisce proprio un cazzo. “
E lo so “ le rispondo  mentre tengo  d’occhio  i ragazzi li vicino . Si sono fatti tutti intorno  a un quarto  motorino , non l’ ho sentito arrivare  e  adesso non ne scorgo  il proprietario.
“  Senti glielo  dici tu se mi fanno  la consegna . Eh ? Marcè,  diglielo te fammi la cortesia . Non me ce fà parlà a me senno ce litigo “
Di che  consegna  parli , Loredà?  “
Come che consegna . La consegna, la consegna .”
Ho capito  la consegna. E perché  te dovrebbero  da’ ‘ sta consegna?  “
Si imposta, tira dentro tutto il fiato che può e attacca la solita : che lavora, e non é vero un cazzo, che é malata , e questo  magari é vero, che abita lontano  e non c’ ha la  macchina , e pure questo non é vero un cazzo , che  c’ ha due creature.
Qui la stoppo.
Ferma Loredana  ascolta . Non li leggi i giornali ? E’ morta una ragazzina  su a Modena  e altri due, non so dove, sono gravemente intossicati . Intossicati col metadone  che  la madre  aveva lasciato  poggiato da qualche parte .”
A si ? “ Mi fa. Deve aver preso un cazzotto in faccia perché ha un occhio nero fresco fresco. Pure la guancia dall’altra parte  dell’occhio  é tutta graffiata e livida.
Ci scansiamo per  far scendere Giustina  che ancora sorride.
Ciao amò “
Ciao “
Si allontana  sui trampoli  e raggiunge gli altri sempre intorno  al  motorino  sconosciuto.
Capito come Loredà  “ Le faccio.
Capito come , che ? “
Dico  lo sai con chi devi parlare  no? Telefoni  al Sert, parli  col medico  responsabile  e lui ti dice “                                    
Ho capito, sete bravi. Tutti bravi. Oh, io nun chiedo  mai  un cazzo.  A tutti sti buciardi  infami je  dite  sempre  si”
La guardo bene  sotto i lividi,  sta pure a rota, le goccia il naso  e  si vede che c’ha la pressione  alta. Chiude gli occhi . Leggermente  trema . Si scosta i capelli  umidi  dal  viso pallido  e gonfio. Piange.
Non ce la faccio più  davvero  Marcè “
Che  succede  ? “ 
Che  succede. Niente succede  é  tutto  finito. Che dici te, io me ne rendo  conto  come  sto? O no?“      
Non sono  sicuro,  non sempre  “
Le guardo la manica  del  rennino  bagnata  e la sua mano  che  ne esce  gonfia , rossa. Non mi piace  molto  guardarla  in faccia. Sembra  come  se  tutte  le  parole  le si  ammassino  in  bocca  incastrate. 
“  Sto fuori casa  stanotte  ho  dormito  a Villa. Io, capito  io, ho dormito  a Villa. Io ce l’ho avuta  sempre  n’a casa. Tu lo sai bene. “
All’occhio  che  hai fatto?“ Le  chiedo  accendendomi  una  sigaretta.
Che  ho  fatto all’occhio ?  che  ho  fatto  all’occhio  ?  Ho fatto  che  c’ho  trent’anni  e  sto  alla  frutta. Anzi ho  finito  pure  quella . “
E perché  stai  fuori casa  si può sapere ? “
Perché  la  gente  é  cattiva, ecco  perché . Fino a che  c’hai  qualcosa  che  ti  possono  succhiare  a posto,  poi  affanculo “
Occhei,  ho capito,  la  consegna  però  che c’entra , stai qui  prendi  il  metadone  e  stop.”
Per domani  Marcello,  il  metadone  é  per  domani “  Mi  risponde  asciugandosi  gli  occhi  con  il  dorso  della  mano .
Dai parlace  te,  famme  sta cosa “
Non mi  sembra  una  buona  idea, fai così sali  e  chiedi  le  cose  educatamente   e  senza  balbettare  o cosa , gli  spieghi  tutto:  il lavoro la macchina  i  soldi e  le  creature... tranquilla.......“
Loredana sale  mentre  la pioggerella é  cessata  e si rialza  il vento  da Ovest, mentre  Marco  e Nefri  ritornano  da Est, e i ragazzi a Nord, ridono . Forte.
Me dai un  bicchiere  d’ acqua  Armmà  “ Mi fa Marco.
Si “
E’ pe  fa  beve  la  piccoletta  che  je  do  tutti  baci  in  bocca  e  je  lecco  pure  la  fica  e  poi  la  pettino .”
Si te lo dò subito, aspetta “
Salgo sul camper , con  la  coda  dell’occhio  seguo Marco  che  ruota le  braccia  a  bocca  aperta, davanti  a me Lory , la sento argomentare   col  Dottore  a proposito  del Gemelli  per  un  ricovero. Chiedo  permesso, prendo un bicchiere  lo riempio  e lo  passo  dal finestrone.
Marco  tieni l’acqua  “
Eecco  Neefri  eecco  l’aacqua  seenti  chee  freesca. “
Alza  il  braccio  e  urta  il bicchiere  versandoselo tutto sulla spalla  e  nel  collo .
Attento  Armmà  mannaggia Cristo “
Riempio  un’altro bicchiere  al  volo e scendo .
Guarda lo poggio  qui  per terra  cosi  può  bere “
Adesso  sta  fermo  con le  braccia  strette  al  corpo  come  avesse  la camicia di forza, la  testa piegata di lato la bocca  aperta  e  gli occhiali sulla punta  del naso. 
Anche  la  cagna  ha la bocca aperta  non scodinzola però e ha le orecchie  diritte .
Tu nun te chiami Armando  “
A no ? e come  mi chiamo  allora “ Gli rispondo  avvicinandomi  piano.  
Evaristo te  chiami “
S,i cojone sinistro “
Hiaa hiiaaa  hiiiaaaa  hi ha - nitrisce  mentre una bolla di muco gli scoppia sulla narice - n’do sta la tarpetta,  André ? “
Chi sarebbe sta tarpetta ? “
La talpa , la talpa di  Lupo Alberto  er  collega tuo  no ? “
Ah ho capito , sì , lavora a Ostia “
E bravo pure lui “
Si é bravo. Dai fai bere Nefri “
A cì devo anna giù n'sede a parlà cò a psicologa. Ce sta mò Germana  giù ? “
Prova può essere “
Si me pari prova po' esse, n’c’ho n’ cazzo da fà io nevvé ? Fà n’a cosa pia er cellulare e chiama , senti se c’é “
Falla te una cosa guarda se te poi sbrigà a n’attene  “ Gli rispondo. Rido. 
Gli metto una mano sulla spalla.
Attento Gerà che sò cintura  nera. Leva sta mano “ Sorride.
Fai il bravo Marco dai che é n’a giornataccia “
Mi giro giusto in tempo  per  vedere  i ragazzi  dei motorini  avvicinarsi  tutti insieme al Camper , a parte  Giustina  che  rimane  seduta  sul motorino  di  Boccuccia  a fumare.
Torno indietro , saluto  Meo  mentre  sale.
Ciao  proprio a te cercavo  - mi fa Terenzio  levandosi  il  cappuccio  della  felpa - l’hai  sentiti quelli , quelli del lavoro “
No “     
E quando  li  senti ? avevi  detto  che  ce  parlavi. “
Ci parlo  non  ti  preoccupare “
Sale anche lui. 
Un debole  raggio luce  rimbalza  sui cofani  bagnati  delle auto, sui vetri del camper  e negli  occhi  dei  ragazzi . Sono arrivati in silenzio  tutti insieme  da direzioni  diverse.
Anonimo  KB, Lefi, Mario e Gianni sulla moto, Valentina , Anna e  Vincenzo  e poi lontano  tutta  la tribù  Hurstic  invade  con i colori  delle  donne  l’intero  parcheggio.
Non mi piace  tanto  quando  c’é  tanta  gente.
Non mi piace  tanto  quando  lavoro  solo.           
Non mi piace  tanto  che i ragazzi  capiscano  che  non  mi piace.
Faccio  capolino  dentro  e do un’occhiata  alle  cosce  dell’infermiera .
Quelle  mi piacciono. Una cifra mi piacciono.  
In qualche  modo  un povero  cristo si deve pure  tirare sù, diciamocelo , alle volte la vita e grama,  ma grama  davvero.
Prendete  me, sto in mezzo  una strada  alle  intemperie.  Intorno,  un esercito  di reietti  morituri  con cui dover fare del  mio  vizio virtù. Lavoro subito  e mi pagano  poi.
Le cosce  dell’infermiera  le posso pure  guardare  quello si ma non  mi  sembra  il tipo lei da farcisi mettere  le mani  in mezzo  per  non  dire altro da un EX.
EX,EX,EX,EX, un grido da stadio col braccio  teso.
Oppure : scusa, tu sei un ex.
No sono un box.
In che senso scusa, un box per cosa ?.
No per cosa. Di cosa semmai, di cosa. Cara la mia bella  infermiera. Di cosa.
Scusa che intendi  per  box di cosa. Di cosa é fatto il box.
Nemmeno.  Intendo  un box  chiuso . Esempio un box per auto  é  per  auto  perché  loro ci entrano  e ci escono  ci entrano  e ci escono . Se ci stessero  sempre  dentro  sarebbe  un  box  Di auto. O no?
Fine del discorso. Conclusione : con certe  persone  non  puoi andare  più in là di semplici parole  vuote.
O meglio  un povero cristo ce la deve pure avere una via di fuga. Io l’ho avuta.
E l’ho usata. Niente  gli ho detto  all’infermieruccia. Niente. E niente  nemmeno  gli dirò.
Me sta pure sur cazzo . Giuro, me sta sur cazzo.
 Parla, parla,  parla,  l’infermiera : del primo  marito  medico non so cosa,  del secondo  medico  cardiologo,  di tutti i viaggi  di tutta la sua vita, di tutti i vaccini  fatti per poterli  fare, di tutto quello che ha  mangiato , ma soprattutto  che  non ha  mangiato  in tutti questi  cazzo  di posti esotici.
Io la ascolto  adesso con la coda dell’orecchio  mentre  la sfuriata  di gente  è finita.
Qualcuno  é rimasto  più in là a fumare  e a ridere, sul camper  c’é  solo Anonimo 7-49 con tutto il suo peso fisico e morale  ad assumere  i suoi 30 cc di metadone fissi.